Colloqui intensi, quelli del leader cinese Xi Jinping, in tre capitali europee scelte per tornaconto e a dispetto di Washington. Prima a Parigi, in un summit a due con Emmanuel Macron trasformatosi in un vertice a tre, allargato alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. L’occasione del sessantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi è servito a sottolineare l’importanza per la Cina della Francia, considerando il ruolo che svolge nel Vecchio Continente ma anche nel pianeta. In Europa, dove l’asse franco-tedesco resta – ancora e nonostante tutto - pietra di volta dell’Ue, e dove Parigi rappresenta anche l’unica potenza nucleare indipendente (Londra, peraltro fuori dell’Unione, acquista negli Usa i missili e le bombe atomiche). Nel mondo, grazie alla sua presenza all’Onu tra i Cinque Grandi e perché fa capolino territoriale nei vari continenti. Solo i prossimi mesi permetteranno una valutazione realistica dei risultati, apparentemente non soddisfacenti sul piano geo-economico, né su quello geo-strategico. La settimana europea di Xi, che chiude una parentesi di cinque anni di assenza dal Vecchio Continente, prosegue in Serbia e in Ungheria. La linea ferroviaria di collegamento tra Belgrado e Budapest, ‘sponsorizzata’ da Pechino e sulla quale viaggeranno anche merci cinesi, è solo l’ultima prova dell’interesse di Xi verso Paesi i cui governi sono giudicati meno vassalli degli Usa e più aperti al dialogo con le altre superpotenze, vale a dire alla collaborazione e agli scambi con la Cina e con la stessa Russia. Xi ha scelto la Francia – prima tappa cui è seguita la Serbia, poi l’Ungheria - per recuperare diplomaticamente l’Europa, con l’obiettivo di tenere aperto un mercato occidentale minacciato dalle sanzioni ‘riequilibratrici’ ispirate da Washington ed essenziale per la sua produzione a basso prezzo perché a costi inferiori, grazie anche alle sovvenzioni statali. All’Occidente che invoca parità di trattamento commerciale, Pechino replica sottolineando i benefici anti-inflazione che ne ricava. Prodotti di larghissimo consumo, non solo oggi ma pure domani: dagli utensili per la massaia e dagli attrezzi per gli operai su e su fino ai pannelli fotovoltaici, alle batterie a litio, alle auto elettriche, ai macchinari ospedalieri… e via elencando. Dietro l’angolo, gli strumenti necessari allo sviluppo e all’utilizzo dei satelliti e dell’Intelligenza artificiale sul nostro pianeta e su quelli delle rotte spaziali. Bottino di miniere e ’terre rare’ da sfruttare per commerci e spionaggio, da accompagnare – teme l’Occidente - con lo sviluppo della potenza militare, dalle portaerei ai satelliti, a supporto dell’espansionismo. Sa, Xi, che il suo Impero di Mezzo serve al Vecchio Continente per frenare la Russia, tanto più in questa fase del conflitto in Ucraina che precede - difficile prevedere di quanto - un tavolo negoziale. Macron ha pensato di avvicinarne i tempi minacciando l’intervento in Ucraina di soldati francesi, cioè della Nato. Ma è stata l’avanzata dell’Alleanza Atlantica fino alle porte della Russia a provocare la cosiddetta “Operazione speciale”. E, infatti, Putin ha reagito alla “inaccettabile provocazione” annunciando “esercitazioni con armi atomiche tattiche”, cioè a corto raggio, ai confini ucraini. Uno scenario d’alto rischio che, peraltro, subito prospettammo ai lettori di questo giornale perché il Trattato Inf – che aveva liberato l’Europa dal divenire teatro di primo fuoco nucleare – era stato gettato nella pattumiera. Non bastasse, al negoziato previsto in Svizzera a metà giugno il leader del Cremlino ha opposto, attraverso il presidente Aleksandr Lukashenko, la riapertura delle trattative in Bielorussia, dove si raggiunse il compromesso sulle regioni russofone (Accordi di Minsk) che poi Kiev disattese. Non a caso, anche Pechino ha boicottato il tavolo negoziale elvetico. Quasi un regalo per il quinto giuramento di Putin come presidente della Federazione russa. A Belgrado Xi aveva calcolato di trovare una nazione che dallo scioglimento dell’ex Jugoslavia si sente tradita dall’Europa, cui pure anela, e sacrificata dagli Usa, con l’amputazione del Kosovo sua culla storica. Pechino non ha lesinato investimenti e conta d’aumentarli. L’Ue non ha voce per contenerli. E negli ultimi decenni si sono rafforzati i legami antichi, ma profondi quanto altalenanti, con la Russia. A testimoniarlo il sostegno ricevuto sul piano sia politico (Mosca non riconosce il Kosovo), sia economico (energia e infrastrutture). Legami che Belgrado ha allacciato anche con Pechino: son già consistenti e l’intento è di ampliarli. Prodiga, la Cina, d’investimenti diretti anche verso l’Ungheria, ch’è all’interno dell’Ue ma senza condividerne l’ostilità verso la Russia. Ostilità che Budapest reputa deleteria per gli interessi non solo del suo Paese ma dell’intero Vecchio Continente. Così come giudica negativamente le barriere doganali nei rapporti commerciali con la Cina. Vale forse a questo punto ricordare. Sessant’anni fa il mondo era diviso ideologicamente e strategicamente tra Est ed Ovest. All’Eliseo c’era Charles de Gaulle, che alla “grandeur” della Francia non dava solo cipria e profumi ma buoni motivi di rispetto. Alle armi nucleari, che segnavano la distanza da un vassallaggio verso Washington, poté aggiungere relazioni con Mosca caratterizzate dalla mutua considerazione che si poteva uscire dal guscio della reciproca chiusura. Si rivelarono d’aiuto sostanziale alle successive aperture di Willy Brandt e di Helmut Kohl e quindi della svolta poi impressa da Gerhard Schroeder nei rapporti tra Berlino e Mosca. Viktor Orbàn, da un lato, non condivide l’allarme per i rischi di colonizzazione commerciale e spionaggio non solo tecnologico da parte di Pechino e, dall’altro, ha compreso che la Russia di Vladimir Putin non è più l’Unione Sovietica ma parte della famiglia europea, bisogna convincerla e non combatterla, attrarla e non respingerla. Scelta indubbiamente coraggiosa perché, ad esempio, Orbàn ha realisticamente voltato pagina sulla tremenda repressione del 1956 ma è cosciente che resterà mònito perenne nella memoria storica dell’Ungheria. Scelta simile, dolorosa ma necessaria, sarebbe quella di chiudere anche a Kiev e a Varsavia l’uscio sul passato, remoto o più recente: il tempo mai cancellerà l’Holodomor o le Fosse di Katyn o le repressioni dell’Armata rossa, semmai nascondendo le proprie nefandezze, per restare al Novecento. Ma il passato insegna come poter convivere in futuro.

QOSHE - Xi Jinping: missione Europa, non soltanto incognite - Almerico Di Meglio
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Xi Jinping: missione Europa, non soltanto incognite

17 0
09.05.2024

Colloqui intensi, quelli del leader cinese Xi Jinping, in tre capitali europee scelte per tornaconto e a dispetto di Washington. Prima a Parigi, in un summit a due con Emmanuel Macron trasformatosi in un vertice a tre, allargato alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. L’occasione del sessantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi è servito a sottolineare l’importanza per la Cina della Francia, considerando il ruolo che svolge nel Vecchio Continente ma anche nel pianeta. In Europa, dove l’asse franco-tedesco resta – ancora e nonostante tutto - pietra di volta dell’Ue, e dove Parigi rappresenta anche l’unica potenza nucleare indipendente (Londra, peraltro fuori dell’Unione, acquista negli Usa i missili e le bombe atomiche). Nel mondo, grazie alla sua presenza all’Onu tra i Cinque Grandi e perché fa capolino territoriale nei vari continenti. Solo i prossimi mesi permetteranno una valutazione realistica dei risultati, apparentemente non soddisfacenti sul piano geo-economico, né su quello geo-strategico. La settimana europea di Xi, che chiude una parentesi di cinque anni di assenza dal Vecchio Continente, prosegue in Serbia e in Ungheria. La linea ferroviaria di collegamento tra Belgrado e Budapest, ‘sponsorizzata’ da Pechino e sulla quale viaggeranno anche merci cinesi, è solo l’ultima prova dell’interesse di Xi verso Paesi i cui governi sono giudicati meno vassalli degli Usa e più aperti al dialogo con le altre superpotenze, vale a dire alla collaborazione e agli scambi con la Cina e con la stessa Russia. Xi ha scelto la Francia – prima tappa cui è seguita la Serbia,........

© Roma


Get it on Google Play