In un’intervista su Il Corriere del Mezzogiorno, Antonio Bassolino getta una nuova luce su quell'anno cruciale: il 1993. Non farò il controcanto ai suoi ricordi ed alla sua versione dei fatti drammatici di quell'anno difficile e, per molti, non solo socialisti, davvero drammatico. Anche sul piano personale. Lo stesso Pds, erede diretto del Pci, ne fu travolto. Bassolino fu nominato quale commissario per “mettere le cose a posto” nella Federazione. Quasi contestualmente la Dc nominò il senatore, ma anche cardiologo di chiara fama, Mario Condorelli, Commissario provinciale per quel partito. Anche il Psi, segretario nazionale Giorgio Benvenuto, nominò me quale Commissario. Con l'entusiasmo, e l’ingenuità, da contadino non inurbato, come mi sento tutt'ora, mi misi al lavoro in un partito devastato e decimato, pensando che si potesse ancora salvare qualcosa. Nelle elezioni politiche del 1992 il Psi aveva avuto un grande successo a Napoli e provincia, battendo il Pds. Per prima cosa avviai un intenso lavoro proprio con Bassolino in occasione di un turno elettorale amministrativo – maggio 1993 che riguardava circa 600mila elettori di Comuni importanti, quale Torre del Greco, Giugliano, Pozzuoli. Presentammo, insieme, “liste di progresso” e vincemmo quasi dappertutto. Qui i rapporti cominciarono ad incrinarsi, tanto che Bassolino festeggiò da solo quel successo con i sindaci eletti, pur avendo i socialisti contribuito alla loro elezione con un apporto notevole, come risultò dal numero dei consiglieri eletti. Le inchieste con tanti arresti picchiarono duro colpendo democristiani, socialisti, esponenti importanti del Pds, liberali, repubblicani, socialdemocratici. I metodi furono intollerabili, si fece “scempio” di legalità ed umanità. Si badò all'aspetto spettacolare: le telecamere, “opportunamente” informate, arrivavano prima dei carabinieri, che provvedevano, spesso di notte, alla esecuzione dei mandati di cattura. Io stesso fui “gratificato” con ben 14 avvisi di garanzia e passai nella categoria degli “inquisiti”: i processi mi resero giustizia con 13 assoluzioni ed una prescrizione. Ricordo ancora quelli più dolorosi: riguardavano la linea tranviaria rapida e la nettezza urbana. Fui assolto perché il “fatto non sussisteva”. Addirittura! Ero stato per mesi esposto alla gogna pubblica. Rispetto a quanto accadeva gli esponenti del Pds, Bassolino compreso, non intesero pronunciare mai la parola “garantismo”: l’avviso di garanzia costituiva già condanna definitiva. In questo clima tragico, anche sul piano umano, di tante famiglie di dirigenti di medio livello, che costituivano il tessuto connettivo dei partiti coinvolti, si realizzò la desertificazione della politica. Filtravano i primi germi della crisi della Democrazia. Era la via giudiziaria alla politica, che qui fu sposata allora da ex comunisti ed ex fascisti ed al Nord dalla nascente Lega. In quel fuggifuggi generale, molti pensarono di “salvarsi” saltando fossi e fossati, rinnegando posizioni e perfino amicizie personali. Bassolino “lavorò” per lo scioglimento del Consiglio comunale con un obiettivo non dichiarato e non intuito: la sua candidatura a sindaco. Il ministro Mancino ed il prefetto Improta lo concessero pensando forse di calmare le acque, di uscire dal mirino della stampa, quando, almeno sul piano formale, forse non ne ricorrevano i presupposti. Quel che è certo: il Consiglio comunale era ormai delegittimato e di consiglieri non avevano voglia e neppure la forza di battersi. È vero, c'erano le condizioni perché la Destra potesse vincere, erano queste le ragioni perché, di accordo con quel galantuomo di Mario Condorelli, ci mettemmo alla ricerca di una candidatura a sindaco di prestigio, anche per raccogliere il consenso di Antonio Bassolino. Individuammo, con qualche titubanza di Mario, in Mariano D’Antonio il profilo giusto: già comunista, economista illustre, capace di attrarre i consensi di tutto lo schieramento democratico. Mariano, nel suo libro “Percorsi di libertà. Esperienze di uno scugnizzo napoletano divenuto professore”, racconta anche della sollecitazione in tal senso avuta da Gianni De Michelis, allora ministro. Forte dell'accordo con Mario e di autorevoli personaggi del mondo universitario, andai alla Federazione comunista a via dei Fiorentini e portai ad Antonio Bassolino la proposta quasi fosse una buona novella. Bassolino mi disse quasi testualmente: “Ma non hai capito, il candidato spetta a noi indicarlo e sarò io”. Ed aggiunse: “E poi voi socialisti dovete andare a casa, questa è l'unica scelta per voi se volete “risorgere” nel tempo lungo”. Io replicai che la sua candidatura avrebbe provocato quella della Mussolini, di cui già si vociferava: tutto questo lo testimonia una mia intervista su La RepubblicaNapoli in cui praticamente fui io ad annunciare la candidatura di Bassolino. Aggiunsi che la candidatura sua avrebbe avuto successo, però avrebbe portato la Destra con la Mussolini ad oltre il 40% e questa la ritenevo una iattura con conseguenze politiche pericolose. Lui restò della sua idea, respinse la nostra: eravamo stati “espulsi” dal suo disegno politico. Resto convinto che con Mariano D’Antonio avremmo vinto comunque senza provocare quella lacerazione profonda tra le forze democratiche. Condorelli ed io non ci scoraggiammo ed individuammo, quale candidato a sindaco per le altre forze democratiche del Centrosinistra, un personaggio di grande spessore e prestigio, Massimo Caprara, già segretario personale di Palmiro Togliatti, poi fondatore del gruppo del Manifesto. Perdemmo, ma per noi socialisti, per me in particolare, fu una grande testimonianza. Avevamo presentato quella che sarebbe stata l'ultima lista ancora con il simbolo del partito, allora il garofano, in piena tempesta ed avevamo preso l'otto percento ed anche un consigliere comunale. Nel 1995, proprio a causa della rottura del 1993 nel campo democratico, alle elezioni regionali, il Partito Popolare ed il Pds si presentarono da soli. Vinse la Destra, come avevo temuto, e Antonio Rastrelli, orgoglioso e coerente esponente del Movimento Sociale Italiano, fu il Presidente della Regione. Dopo una commovente riunione dei vecchi compagni socialisti nella sede della nostra Federazione a via Marchesa Campodisola, spensi dal di dentro le luci di quel luogo simbolo e consegnai le chiavi ed una targa a quel generoso galantuomo, Guido Grimaldi, per ringraziarlo della lunga “ospitalità”. Ciascuno può, storicamente, giudicare di fatti e responsabilità. A Napoli e nel Paese. Nel marzo del 1994, nella nostra qualità di parlamentari europei, Biagio De Giovanni ed io, con la nostra Associazione Napoli Capitale Europea, invitammo Antonio Bassolino, ormai sindaco di Napoli, a visitare il Parlamento Europeo incontrando lì le Istituzioni comunitarie. Nel segno della cultura e nel rispetto dei ruoli istituzionali di ciascuno. Sono contento di aver avuto questa iniziativa, insieme a Biagio, e di aver favorito il debutto internazionale di Bassolino anche se la mia presenza al suo fianco gli avrà provocato qualche fastidio. Così si concluse il nostro breve rapporto politico. Resta quello personale, che mi sembra tuttora cordiale.

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Bassolino e quell’anno cruciale: “scempio” di legalità e umanità

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23.12.2023

In un’intervista su Il Corriere del Mezzogiorno, Antonio Bassolino getta una nuova luce su quell'anno cruciale: il 1993. Non farò il controcanto ai suoi ricordi ed alla sua versione dei fatti drammatici di quell'anno difficile e, per molti, non solo socialisti, davvero drammatico. Anche sul piano personale. Lo stesso Pds, erede diretto del Pci, ne fu travolto. Bassolino fu nominato quale commissario per “mettere le cose a posto” nella Federazione. Quasi contestualmente la Dc nominò il senatore, ma anche cardiologo di chiara fama, Mario Condorelli, Commissario provinciale per quel partito. Anche il Psi, segretario nazionale Giorgio Benvenuto, nominò me quale Commissario. Con l'entusiasmo, e l’ingenuità, da contadino non inurbato, come mi sento tutt'ora, mi misi al lavoro in un partito devastato e decimato, pensando che si potesse ancora salvare qualcosa. Nelle elezioni politiche del 1992 il Psi aveva avuto un grande successo a Napoli e provincia, battendo il Pds. Per prima cosa avviai un intenso lavoro proprio con Bassolino in occasione di un turno elettorale amministrativo – maggio 1993 che riguardava circa 600mila elettori di Comuni importanti, quale Torre del Greco, Giugliano, Pozzuoli. Presentammo, insieme, “liste di progresso” e vincemmo quasi dappertutto. Qui i rapporti cominciarono ad incrinarsi, tanto che Bassolino festeggiò da solo quel successo con i sindaci eletti, pur avendo i socialisti contribuito alla loro elezione con un apporto notevole, come risultò dal numero dei consiglieri eletti. Le inchieste con tanti arresti picchiarono duro colpendo democristiani, socialisti, esponenti importanti del Pds, liberali, repubblicani, socialdemocratici. I metodi furono intollerabili, si fece “scempio” di legalità ed umanità. Si badò all'aspetto spettacolare: le........

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