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Sonia e Albert sono i nomi di fantasia scelti pochi giorni fa dal Periódico de España per raccontare la storia di una neomamma e un neopapà di Barcellona al settimo cielo. 39 anni – insegnante – lei, 38 anni – dipendente pubblico – lui, il 29 ottobre scorso hanno messo al mondo una bella niña di 3,1 chili che vanta già un primato: è la prima bambina di Spagna nata da co-genitorialità. Cosa sono due co-genitori?

Due adulti che non si amano ma che decidono di “accoppiarsi” (con l’aiuto di esperti, algoritmi o test di compatibilità) perché vogliono la stessa cosa: un bambino da dividere a metà, esente le “complicazioni” del rapporto di coppia. E senza dover aspettare di trovare l’uomo o la donna giusta per farlo.

Sonia, Albert e la loro figlia “nata da co-genitorialità”

Ovviamente il servizio viene presentato in altri termini dall’antropologa Carmen Balaguer, “cupido” di questa storia senza amore: Balaguer ha fondato una azienda, Copaternidad, nel 2021, dopo aver realizzato che in Spagna il numero di madri single per scelta era aumentato del 300 per cento in pochi anni, così come aumentava il numero di donne come Sonia che, considerando la prospettiva, si affrettavano a congelare i propri ovuli. Da lì l’idea di farci un business: oggi basta iscriversi a Copaternidad (al prezzo di 800 euro) per trovare l’anima cogenitoriale gemella, cioè un candidato intenzionato a dividere bambino, costi e oneri, selezionato tra i vari profili degli iscritti dall’azienda stessa.

Mica è Tinder, ripete l’antropologa che ricorda come tra Albert e Sonia non ci sia nulla di romantico, lui aveva già iniziato a conoscere altre due ragazze, Sonia, tre ragazzi. Ma solo tra loro due è scoccata la “compatibilità”: per esempio alla domanda via Whatsapp di Balaguer «ti senti libero di chiamare l’altra persona alle 4 del mattino perché il bambino, quando è nato, si è ammalato e devi andare all’ospedale?» entrambi hanno risposto «sì».

«Per un bambino è normale come crescere con due padri»

Dopo di che si sono frequentati, hanno firmato accordi privati completi di tutti i dettagli su istruzione, allevamento e mantenimento del figlio che avrebbero avuto, hanno conosciuto le rispettive famiglie, ed ecco, è nata questa bambina. E siccome la gravidanza è stata complessa Albert ha deciso che vivrà in casa con Sonia fino ai sei mesi della piccola. La prima ma non l’ultima “del ramo”: a febbraio nascerà un altro bambino con tutti i vantaggi assicurati da Copaternidad ai suoi co-genitori: niente più «paura di malattie gravi o di morire lasciando il bambino orfano», o di non poter conciliare «lavoro e famiglia», niente «dipendenza assoluta dai parenti», pieno rispetto del «diritto alle origini» e del sostegno «logistico ed emotivo».

Soprattutto – spiega Balaguer ai giornalisti gasati perché Sonia e Albert hanno «gettato le basi per un nuovo modello di famiglia» – sarà il bambino stesso a far girare l’ingranaggio: «Un bambino che nasce e cresce in un certo ambiente, purché sia di amore e rispetto, lo interiorizzerà e lo normalizzerà. Se un bambino cresce in co-genitorialità, per lui sarà normale, come se crescesse con due padri, due madri o i nonni». Normale, ma certamente.

«I bambini divisi sono più voluti», «C’è tempo per l’uomo giusto»

Tempi si è occupato di co-genitorialità molte volte: partorire figli da smezzare i figli è una idea smart, cool, sufficientemente idiota e pertanto brillantissima agli occhi di tutti i fan della catena di montaggio dei neonati. Non serve l’affetto, basta arrivare al prodotto e poi dividerne gioie e costi. Non serve nemmeno il sesso ma una firma: certo, c’è chi ancora va a letto, previo scambio di screening medici sulle malattie a trasmissione sessuale, ma è molto più facile e frequente andare in laboratorio a fare l’inseminazione artificiale o, in caso di problemi di fertilità, ricorrere al vitro. Dopo di che probabilmente nascerà un bambino felice e contento perché «escludere il bagaglio romantico dalla relazione genitoriale può persino creare un ambiente più stabile».

Sono affermazioni come questa della professoressa Susan Golombok, direttrice del Center for Family Research dell’Università di Cambridge e autrice di We Are Family (studio sui figli della fecondazione in vitro, donazione di sperma e ovuli e maternità surrogata, nonché di madri lesbiche, padri gay o single) ad aver mandato in estasi i giornali, dal New York Times al Guardian, fino a Vanity Fair: perché cercare, aspettare, l’uomo giusto, col rischio di sacrificare la carriera alla gravidanza e poi incorrere in una separazione, un divorzio, quando invece, come dice Golombok, si possono realizzare à la carte, «famiglie ben adattate, a volte più di quelle tradizionali»? Questi sono «bambini fortemente voluti».

Due case, due camere, due famiglie: non chiamateli separati ma “organizzati”

Basta dividerseli, proprio come bravi genitori separati: ci sono due case, due camere da letto, due famiglie eccetera. Solo che non si chiamano più genitori separati ma organizzati. Non c’è fallimento ma “consapevolezza”. Niente chiacchiere inutili, appuntamenti goffi o azzardi sotto le lenzuola, niente mesi “persi” con una persona che potrebbe non rivelarsi “pronta” per una “relazione seria”. In caso di conflitti ci sono anche gli esperti dediti ad addestrare i co-genitori a gestire l’affidamento congiunto «in modo obiettivo e senza emozioni».

Prova provata del successo della “coppia platonica”, tutt’altro che una bega per sole giornaliste single, sarebbe il boom di iscrizioni ai siti di “parental matchmaking” e di storie come quella di Nisha Nayak catturate dalla Bbc (riassunto: psicologa quarantenne che si identifica come “queer” mangia la pizza con Charles, infermiere omosessuale sposato con Lynn e come Nisha utente del portale Modamily, segue fecondazione in vitro, nascita di due gemelli; oggi i tre li crescono alternandoseli ogni tre giorni e vivendo a venti minuti di auto dalle rispettive abitazioni). O quelle di tanti «migliori amici» raccontate dal Guardian messi insieme da un test di compatibilità online che oggi hanno nuovi partner, nuova prole ma si dividono quel bambino nato sotto il segno dell’algoritmo.

Mai con uno sconosciuto tranne per farci un bambino. Anzi, un bambolotto

Channel 4 ci ha anche fatto un reality, Strangers Making Babies (sconosciuti che fanno bambini), protagonisti ovviamente trentenni à la page selezionati da un team di matchmakers che viaggiano in posti esotici, fanno i musicisti, chiacchierano, ridacchiano, ordinano e bevono cocktail alla luce soffusa di un locale. Non perché si amano, si piacciono, si vogliono conoscere: ma perché vogliono fare un figlio facile come buttare giù un Martini dry e farlo subito per il preciso motivo di non amarsi, piacersi e nemmeno conoscersi.

Nelle Fiandre gli “esperti” del programma televisivo Ik wil een kind (“Voglio un bambino”) come Frederik Swennen, professore di diritto di famiglia all’Università di Anversa, grande sostenitore del rimpiazzo della “famiglia tradizionale” con costellazioni “queer” e unioni alternative a quelle coniugali, pontifica che questa «classica idea del trovare l’amore della tua vita e farci dei figli è ormai superata», non c’è «niente di meglio» per un bambino che sentirsi frutto di una «co-genitorialità consapevole» invece che di una «genitorialità naturale e accidentale», in quanto la prima, al contrario della seconda, porta molta, «molta stabilità, nella vita e nell’interesse del bambino». Del bambolotto, voleva dire.

Foto di Anya Chernik su Unsplash

QOSHE - «Non ci amiamo. Facciamo un bambino e lo dividiamo a metà?» - Caterina Giojelli
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«Non ci amiamo. Facciamo un bambino e lo dividiamo a metà?»

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14.12.2023

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Sonia e Albert sono i nomi di fantasia scelti pochi giorni fa dal Periódico de España per raccontare la storia di una neomamma e un neopapà di Barcellona al settimo cielo. 39 anni – insegnante – lei, 38 anni – dipendente pubblico – lui, il 29 ottobre scorso hanno messo al mondo una bella niña di 3,1 chili che vanta già un primato: è la prima bambina di Spagna nata da co-genitorialità. Cosa sono due co-genitori?

Due adulti che non si amano ma che decidono di “accoppiarsi” (con l’aiuto di esperti, algoritmi o test di compatibilità) perché vogliono la stessa cosa: un bambino da dividere a metà, esente le “complicazioni” del rapporto di coppia. E senza dover aspettare di trovare l’uomo o la donna giusta per farlo.

Sonia, Albert e la loro figlia “nata da co-genitorialità”

Ovviamente il servizio viene presentato in altri termini dall’antropologa Carmen Balaguer, “cupido” di questa storia senza amore: Balaguer ha fondato una azienda, Copaternidad, nel 2021, dopo aver realizzato che in Spagna il numero di madri single per scelta era aumentato del 300 per cento in pochi anni, così come aumentava il numero di donne come Sonia che, considerando la prospettiva, si affrettavano a congelare i propri ovuli. Da lì l’idea di farci un business: oggi basta iscriversi a Copaternidad (al prezzo di 800 euro) per trovare l’anima cogenitoriale gemella, cioè un candidato intenzionato a dividere bambino, costi e oneri, selezionato tra i vari profili degli iscritti dall’azienda stessa.

Mica è Tinder, ripete l’antropologa che ricorda come tra Albert e Sonia non ci sia nulla di romantico, lui aveva già iniziato a conoscere altre due ragazze, Sonia, tre ragazzi. Ma solo tra loro due è scoccata la “compatibilità”: per esempio alla domanda via Whatsapp di Balaguer «ti senti libero di chiamare l’altra persona alle 4 del mattino perché il bambino, quando è........

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