J.K Rowling (foto Ansa) @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Benedici J.K. Rowling, che qualunque cosa faccia riesce sempre a mandare in cortocircuito la sinistra. L’ultima angheria si chiama “donazione”: pare che la scrittrice abbia osato devolvere 70 mila sterline alle femministe di For Woman Scotland che chiederanno alla Corte suprema di definire una volta per tutte cosa sia una donna. Secondo la legge scozzese del 2018 sulla rappresentanza di genere negli enti pubblici, nel 50 per cento di quote riservate alle donne vanno inclusi anche i transgender: da qui la richiesta delle femministe, ai sensi dell’Equality Act che considera il sesso “categoria protetta”, di riaffermare il primato della biologia sui certificati di riconoscimento del genere e separare le tutele riservate alle donne da quelle già riservate ai trans.

Ma siccome l’ossessione di dividere il mondo in quote per le “diversità” riesce sempre a partorire più forme di discriminazione di quante i ragionieri dell’egualitarismo possano immaginarne, perso in appello, le femministe hanno dovuto annunciare il ricorso alla Corte Suprema e con la donazione di “JK” (non certo la prima nel “settore”) diventare “il caso di transfobia” dell’anno.

Nel mirino dei transattivisti (ancora)

Nulla di nuovo, per carità. In queste ore la Rowling è nel mirino dei transattivisti di tutto il Regno Unito per aver condiviso un pezzo del Telegraph: secondo fonti governative, oltre il 70 per cento dei prigionieri transgender nelle carceri britanniche sta scontando condanne per reati sessuali e crimini violenti, ma ovviamente il mostro è la Rowling – accusata perfino di “genocidio trans” – che sottolinea la follia di detenerli in reparti femminili. La scrittrice non si inventa niente: è stata la “questione trans” e quello di uno stupratore tra le detenute a impantanare l’ex premier Nicola Sturgeon e farle ammettere che in caso di violentatori i trans donne non potessero essere trattati sempre come donne.

More than 70 per cent of transgender prisoners are in for sex offences or violent crimes.
"The high levels of violent crimes among male prisoners who identify as women demonstrates why they should not be detained in female prisons" https://t.co/nSM3NliDrE

— J.K. Rowling (@jk_rowling) February 25, 2024

Per capire il trattamento riservato invece a J. K. Rowling, basta aprire i giornali.

L’ultima rampogna: la Rowling è «troppo cattiva»

Qualche settimana fa New Statesman, storica rivista progressista britannica, ha pubblicato una rampogna da diciottomilasettecento battute spazi inclusi contro l’ottava scrittrice più venduta al mondo definendola «troppo cattiva», «fragile, insicura, crudele», perché sua serie di romanzi polizieschi – che dal 2014 la Rowling firma con lo pseudonimo di Robert Galbraith – è piena di «pedofili e molestatori domestici, stupratori e terroristi di estrema destra». Se dovesse traboccare di oneste Beatrici e criminali col foularino da assistente di volo non lo sappiamo, fatto sta che Nick Hilton, autore del pezzo (lo stesso dell’invettiva contro Ricky Gervais quando osò deridere il transgenderismo su Netflix), ma soprattutto potteriano deluso della prima ora (di quella «fanbase millennial» che la Rowling si sarebbe alienata passando da presentabile laburista a «paria liberale» per il suo femminismo gender critical) ha attribuito all’attrice le ossessioni dei personaggi dei suoi libri (in particolare di un autore con la passione per le commedie del XVII secolo «con il loro sadismo e la loro sete di vendetta… stupri e cannibalismo, scheletri avvelenati vestiti da donne. Si potrebbe dire lo stesso della stessa Rowling»), sostenendo che dopo Harry Potter il talento della Rowling ha lasciato il posto a una «propensione alla violenza disgustosa e alla satira penetrante».

Lo psicodramma dei millennials che si sentono “traditi”

Tra un paragone lunare tra la lettura dei suoi romanzi e le «fan fiction ossessive e compulsive della generazione Wattpad» (argh!), e un sospiro per la celebrazione della «assoluta cattiveria» quale privilegio spesso «riservato agli autori maschi» (cita la violenza di Cormac McCarthy, la volgarità di Martin Amis, la perversione di Michel Houellebecq: non esattamente Wattpad), Hilton non perdona a Rowling il trattamento che riserva ad alcuni suoi personaggi nei libri (poca simpatia per una millennial che scrive su un blog delle sue malattie croniche, disprezzo per chi si è rifatto il seno, caricature grottesche delle paure degli attivisti eccetera), ma soprattutto l’“ipocrisia” della scrittrice nella vita: se nei suoi romanzi li trafigge, su Twitter «ha messo mi piace a un post di un account di estrema destra»; nei libri condanna «i feroci guerrieri da tastiera e i reazionari isterici», ma online «lei stessa adotta un comportamento simile».

20 luglio 2007, J. K. Rowling all’evento di lancio di “Harry Potter e i Doni della Morte”, l’ultimo della serie (foto Ansa)

«In un altro mondo, JK Rowling potrebbe essere il personaggio di un libro di Robert Galbraith: fragile, insicura, crudele». Manca solo “colpevole di tradimento” in capo al fervorino sulla «generazione di appassionati di Potter» sempre più disillusa dall’evoluzione: «Da santa autrice di libri per bambini sostenitrice del Partito Laburista, a polemica attivista politica che pare ossessionata dai media scandalistici, il nazionalismo scozzese e, cosa più provocatoria per i suoi lettori millennials, il femminismo gender critical». Bum.

Quando Rowling era ancora “Il Bene”

Siamo sempre lì: il tradimento. Una volta J. K. Rowling era una divinità progressista perché il primo libro della sua saga tradotta in 60 lingue sfondava il tetto delle 450 milioni di copie vendute, perché da ragazza senza un penny si è ritrovata miliardaria e perché da miliardaria aveva versato fino all’ultimo penny di tasse (diceva «quando ho avuto bisogno di un sussidio, tanti anni fa, sono stata aiutata, adesso è ora di fare la mia parte», applausi).

26 gennaio 2006, J. K. Rowling in visita in un ospedale pediatrico a Bucarest, Romania (foto Ansa)

Rowling, così perfettamente di sinistra, laburista, da dividere ciò che il fisco non mangiava in donazioni con partito e beneficenza, così anti Brexit da criticare pubblicamente l’ondivago Corbyn e così concreta nel suo impegno, aveva dato vita a un’organizzazione non-profit, Lumos, per spingere i paesi a rivedere i propri sistemi di cura e protezione dei bambini, scoraggiando la relegazione in orfanotrofi per promuovere strutture che aiutassero le famiglie a rimanere unite: «L’80 per cento dei bambini che vivono negli orfanotrofi e negli istituti di tutto il mondo non sono orfani. Hanno almeno un genitore e, nella maggior parte dei casi, quel genitore vorrebbe occuparsi personalmente di loro», spiegava alla stampa restituendo un drammatico dispaccio delle sue visite nei terribili istituti dell’est Europa. L’Empire State Building si era allora illuminato con i colori del logo di Lumos, Rowling era stata applaudita nello studio ovale, a Buckingham Palace, alle Olimpiadi.

Da divinità laburista a Trump da cancellare

Ci saremmo messi a ridere fino a pochi anni fa se ci avessero detto che la Rowling «sarebbe diventata il volto pubblico del conservatorismo sociale, venendo rinnegata dai suoi sostenitori e denunciata dagli attori diventati famosi come i personaggi che ha inventato – ha scritto Sarah Ditum in una storia di copertina del 2021 del settimanale New European -. Per far sì che accadesse ci è voluto un tema incredibilmente tossico e un’atmosfera di straordinaria certezza morale. Per fare accadere tutto ciò, ci è voluto uno scontro con il movimento degli attivisti trans».

Tempi vi aveva raccontato qui cos’era successo e come due tweet – uno a sostegno di una donna londinese che aveva perso il lavoro per le sue affermazioni “gender critical”, uno che ironizzava sul titolo di un giornale sulle “persone che hanno le mestruazioni” – avessero trasformato una donna che aveva a lungo sostenuto pubblicamente i candidati progressisti e aveva ripetutamente preso in giro Donald Trump, nella nemica mondiale degli alfieri dei diritti trans nonché nella donna più odiata dal cast di Harry Potter stesso. Così impresentabile da meritare di essere cancellata dalle celebrazioni dei film, le pagine dei giornali, i giochi in scatola, dal materiale promozionale dei film nati dai suoi libri.

Rowling viene bruciata ma la vittima è sempre chi appicca il fuoco

Ricordate quando il New York Times cercò di farne un’esca per abbonati? Per allargare il gregge di lettori a cui spiegare che la cancel culture non esiste e il woke è solo una fisima reazionaria, la bibbia liberal aveva avuto un’idea diabolica: scatenare i suoi oppositori. In Canada un editore di libri d’arte aveva provato perfino a pubblicare libri Harry Potter “Rowling-free”, senza il suo nome in copertina. Un transgender, Felker-Martin, la fece addirittura morire bruciata viva in un libro post-apocalittico, per poi denunciare il boicottaggio delle vendite da parte delle “terf”.

Febbraio 2022, la campagna abbonamenti del New York Times gioca sul titolo di un articolo dedicato a chi cancella J.K. Rowling (foto da Twitter)

Dicesi “trans-exclusionary radical femminist” una persona che pensa che donne si nasce e non si diventa, una come J. K. Rowling insomma, contro la quale le redazioni dei giornali liberal adorano esercitarsi al tiro al piattello e gli utenti social lanciare minacce di morte, perché peggio dei mostri horror c’è solo chi crede nell’esistenza del sesso biologico. «Ho ricevuto così tante intimidazioni che potrei tappezzarci casa», raccontava la scrittrice della sua abitazione di Edimburgo, dove vive con marito e figli, e davanti alla quale si erano presentati degli attivisti per inscenare una protesta da immortalare sui social badando fosse ben visibile l’indirizzo.

La differenza tra beneficenza e fervorini sulla transfobia

La Rowling ha sempre risposto alle critiche, sottolinea il Wsj in un lungo articolo sulla “missione” (recuperare il rapporto con la madre del maghetto) che si è dato il nuovo capo della Warner Bros, David Zaslav; ha perfino pubblicato un saggio sul suo sito per spiegare dettagliatamente la sua posizione sul tema dell’identità di genere:

«Mi rifiuto di inchinarmi a un movimento che credo stia facendo un danno dimostrabile nel cercare di erodere la “donna” come classe politica e biologica. Sono al fianco delle donne e degli uomini coraggiosi, gay, etero e trans, che si battono per la libertà di parola e di pensiero, e per i diritti e la sicurezza di alcuni dei più vulnerabili nella nostra società».

Ha anche affermato di ritenere che la stragrande maggioranza delle persone trans non rappresenti alcuna minaccia, ma che «a qualsiasi uomo che crede o si sente donna» non dovrebbe essere consentito l’accesso automatico ai bagni o ai rifugi riservati alle donne. Per capirci in Scozia, è solo alla generosità della Rowling, se alle vittime di stupro è ora garantito un servizio per sole donne a Beira’s Place (senza contare il milione di sterline devoluto agli orfani di Lumos quando è scoppiata la guerra in Ucraina, o ben prima i 10 milioni di sterline per avviare cliniche specializzate nella ricerca sulla sclerosi multipla): quanti altri scrittori prendono così sul serio la beneficenza e la tutela del prossimo al di là dei sermoncini sui giornali, i post sui social, le photo opportunity?

«Non siamo noi bigotti. Sono loro squilibrati»

Ma da generosità a transfobia il passo è breve. Perché ciò che non viene perdonato a J.K. Rowling è conoscere la biologia, pensare che le persone con il pene siano uomini e che le donne abbiano diritto ai loro spazi, soprattutto il diritto di non inginocchiarsi alla nuova ortodossia predicata dai giovani virgulti delle élite progressiste che scrivono su New Statesman.

«Delirio religioso mascherato da radicalismo – ha ben commentato Brendan O’Neill su Spiked -. Credono davvero che lottare per il diritto di un uomo di entrare e uscire dagli spogliatoi femminili sia la nuova questione dei diritti civili. E che chiunque pensi che le donne non dovrebbero guardare un pene a meno che non lo vogliano è un orribile bigotto. Non hanno idea di quanto sembrino squilibrati a noi altri». Per la cronaca, Hilton ha dovuto chiudere il suo account su X poco dopo aver pubblicato l’articolo. Per la sinistra un’altra indubbia vittima e prova della cattiveria assoluta di J.K. Rowling.

QOSHE - Benedici J. K. Rowling, che qualunque cosa faccia manda in cortocircuito la sinistra - Caterina Giojelli
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Benedici J. K. Rowling, che qualunque cosa faccia manda in cortocircuito la sinistra

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26.02.2024
J.K Rowling (foto Ansa) @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Benedici J.K. Rowling, che qualunque cosa faccia riesce sempre a mandare in cortocircuito la sinistra. L’ultima angheria si chiama “donazione”: pare che la scrittrice abbia osato devolvere 70 mila sterline alle femministe di For Woman Scotland che chiederanno alla Corte suprema di definire una volta per tutte cosa sia una donna. Secondo la legge scozzese del 2018 sulla rappresentanza di genere negli enti pubblici, nel 50 per cento di quote riservate alle donne vanno inclusi anche i transgender: da qui la richiesta delle femministe, ai sensi dell’Equality Act che considera il sesso “categoria protetta”, di riaffermare il primato della biologia sui certificati di riconoscimento del genere e separare le tutele riservate alle donne da quelle già riservate ai trans.

Ma siccome l’ossessione di dividere il mondo in quote per le “diversità” riesce sempre a partorire più forme di discriminazione di quante i ragionieri dell’egualitarismo possano immaginarne, perso in appello, le femministe hanno dovuto annunciare il ricorso alla Corte Suprema e con la donazione di “JK” (non certo la prima nel “settore”) diventare “il caso di transfobia” dell’anno.

Nel mirino dei transattivisti (ancora)

Nulla di nuovo, per carità. In queste ore la Rowling è nel mirino dei transattivisti di tutto il Regno Unito per aver condiviso un pezzo del Telegraph: secondo fonti governative, oltre il 70 per cento dei prigionieri transgender nelle carceri britanniche sta scontando condanne per reati sessuali e crimini violenti, ma ovviamente il mostro è la Rowling – accusata perfino di “genocidio trans” – che sottolinea la follia di detenerli in reparti femminili. La scrittrice non si inventa niente: è stata la “questione trans” e quello di uno stupratore tra le detenute a impantanare l’ex premier Nicola Sturgeon e farle ammettere che in caso di violentatori i trans donne non potessero essere trattati sempre come donne.

More than 70 per cent of transgender prisoners are in for sex offences or violent crimes.
"The high levels of violent crimes among male prisoners who identify as women demonstrates why they should not be detained in female prisons" https://t.co/nSM3NliDrE

— J.K. Rowling (@jk_rowling) February 25, 2024

Per capire il trattamento riservato invece a J. K. Rowling, basta aprire i giornali.

L’ultima rampogna: la Rowling è «troppo cattiva»

Qualche settimana fa New Statesman, storica rivista progressista britannica, ha pubblicato una rampogna da diciottomilasettecento battute spazi inclusi contro l’ottava scrittrice più venduta al mondo definendola «troppo cattiva», «fragile, insicura, crudele», perché sua serie di romanzi polizieschi – che dal 2014 la Rowling firma con lo pseudonimo di Robert Galbraith – è piena di «pedofili e molestatori domestici, stupratori e terroristi di estrema destra». Se dovesse traboccare di oneste Beatrici e criminali col foularino da assistente di volo non lo sappiamo, fatto........

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