Amadeus legge a Sanremo il comunicato degli agricoltori (foto Ansa) @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Maledetto Sanremo cadaverissimo: qui c’è gente pagata per giocare a bocce con le teste dei nazifascirazzisti e fare salsiccia con i corpi degli omofobi, dove sono gli avvenimenti-base, gli attacchi al sinistrismo dei curatini della destra clericoreazionaria, gli sgozza-agnelli, l’Ungheria di Orban? Tutti questi maschi vestiti da femmine, italiani di seconda generazione, donne contro il patriarcato e neanche un nemico attratto nel tranello d’inseguirli e precipitare nel burrone scavato dalla stampa? E che ci vanno a fare i giornalisti a Sanremo?

Si capisce che gli agit-prop invadessero l’Ariston allo scopo di braccare fin nelle mutande cantanti e conduttori, in conferenza stampa è tutto un «tu ti puoi definire antifascista?», «cantate Bella ciao», «inviterai Elena Cecchettin?», dopo tutta quella bella naja all’ultimo “Festival della Nuova Resistenza” (copy Francesco Merlo), quello dello “scudo del Quirinale”, tra “fratelli d’Italia contro Fratelli d’Italia”.

I giornalisti a naja dalla brigata Citylife

Ricordate il vivere pericolosamente della brigata Citylife, Fedez Che Guevara della Costa Crociere col suo freestyle antigovernativo (rime d’acciaio come traccia/faccia/scaccia/braccia) e Chiara Luxemburg Ferragni in «collana dei diritti umani» per promuovere l’aborto e il femminismo con lezioni sui meme ad “Ama” e ai “raga” dell’Ariston? E Rosa Chemical che per non rischiare di non stare sulle palle a tutti i reazionari vaneggiando di sesso poligamo, porno su Onyfans e desiderio di avere due madri alla fine si è pomiciato il rapper lingualunga? E Blanco che «si è assunto il rischio di deragliare, mettendoci di fronte alla nostra incapacità di uscire dai binari, di stare con ciò che non era previsto» (copy Jonathan Bazzi), Paola Egonu che denunciava il razzismo dell’Italia nei confronti di suo figlio «troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri», anche se un figlio non ce l’aveva, e Elodie che prometteva essere «putt*** dall’inizio alla fine»?

Hasta la victoria a Sanremo, Ferragnez!

Telefonatissimo Sanremo: filosofare sempre, cazzeggiare mai!

Quest’anno i nomi sovversivi c’erano tutti e poi, poi cos’è successo? Gli agit-prop sono entrati a Sanremo ed è stato come entrare in un pianerottolo semibuio. Pochi i pretesti su cui aizzare la massa urlante e scomposta (tipo la gonna di Mengoni): a qual punto di miseria editoriale avevano dunque portato anni di buona e giusta demagogia sulla coscienza collettiva? Davvero oggi c’è chi vuol leggere solo se una canzone è bella, brutta o è un po’ patocca?

Fiorello, Amadeus, varie papere e un tremebondo John Travolta che si accinge a fare il ballo del qua qua (foto Ansa)

Il ballo del qua qua aspettando i trattori e i Jalisse

Ai giornalisti plenipotenziari non rimanevano che poche possibilità per sconvolgere le acque dello stagno politico sanremese: 1) il ballo del qua qua; 2) le scarpe di John Travolta; 3) lo scombiccherato monologo dell’una di notte di Teresa Mannino; 4) il misterioso tweet del giornalista Rai (che giornalista, che tweet, quale tweet?) che fa bodyshaming a Big Mama; 5) Eni; 6) la comunità ebraica che attacca il brano di Ghali; 7) l’arrivo dei trattori; 8) l’arrivo dei Jalisse.

Marco Mengoni vestito benissimo a Sanremo (foto Ansa)

E così c’è chi ha provato a dar fuoco alla miccia abusando del miracolismo: “Ecco perché il ballo del qua qua di John Travolta a Sanremo è stato un colpo al patriarcato”, spiega la Stampa su Instagram; “I Jalisse di nuovo a Sanremo” giura Repubblica, mentre altrove, dall’HuffingtonPost al Riformista, the winner is Mannino, «ha vinto tutto Teresa Mannino», «Santa Teresa», «Mannino si prende l’Ariston», «critica della società in chiave Mannino», «potente monologo di Teresa Mannino». Del ballo del qua qua si è detto tutto (definitivo il paperare con tanto di «What the fuck?» di quel big gladiatore di Russell Crowe), sulle scarpe di Travolta ha fatto scuola la versione che Elly Schlein ha dato al Foglio: «La destra nonostante abbia occupato militarmente la Rai, come abbiamo denunciato nel presidio di mercoledì, non ha perso l’abitudine di attaccare Sanremo. (…) si dimenticano che stanno al governo quindi se la prendono con se stessi e coi dirigenti che hanno nominato». Quanto al potente monologo di Mannino capace di fare riacquistare parola, vista, udito ai giornalisti, basti citare alcuni passaggi e termini chiave osannati dalle stampa: «Siamo nel 2024, ma ragioniamo come 2524 anni fa», «Protagora diceva che», «uomo ricco, bianco e occidentale», «abbiamo sfinito il pianeta», «formiche tagliafoglia», «potere su», «potere di», «non è il momento di passare oltre».

A Sanremo pinkwashing. Roba da fare impallidire “Sanremo negazionista con Eni”

Il che a metà del Festival poteva suonare come un po’ come “da Sanremo è tutto”, “confidiamo nei trattori” (da giorni i giornali annunciano gasati «il corteo si avvicina alla città»), e naturalmente nell’unico vero scoop: «I jalisse tornano a Sanremo? Cosa sappiamo». Finché non è arrivata Elena Cecchettin. E finalmente nelle nebbie dei social network sono risuonate chiare e forti parole quali «Roba da Baci Perugina» (il riferimento è al testo sull’amore recitato dagli attori di Mare Fuori che molto ha indignato le persone dabbene in lotta contro il patriarcato). «Di un siparietto intriso di pinkwashing le vittime di femminicidio e 13 sopravvissut3 se ne fanno poco – continua la sorella di Giulia Cecchettin, barbaramente uccisa dall’ex fidanzato, condividendo le parole pubblicate su Instagram da Carlotta Vagnoli -. Sul serio non si poteva fare di meglio?». Roba da fare impallidire i giornalisti di Domani che avevano ripiegato su un evergreen: «Sanremo “negazionista” sulla crisi climatica, con la benedizione di Eni».

Stampa in delirio per questo Sanremo di lotta e di governo (ma che Festival hanno visto?)

E finalmente in conferenza stampa si è potuto chiedere ad Amadeus se inviterà Elena, e se le chiederà scusa, e il nostro – antifascista sì ma pistola no -, a rispondere che Elena «non sarà invitata sul palco. E non la chiamerò: chiami qualcuno quando ti devi scusare, ma non quando non ti devi scusare», lo stesso tono con cui aveva cercato di chiudere il Travoltagate, «una stronzata per fare polemica, nel corso di un Festival che sta procedendo bene. Mi pare che stiamo creando un caso dove il caso non c’è». Stasera l’ultima puntata dei Sanremo e dell’insperabile, formidabile campagna contro il “pinkwashing” che ha salvato il Festival della Nuova Resistenza dalla reductio a Festival della canzone italiana. E noi che pensavamo che il problema fosse il cantautorato diretto dall’intelligenza artificiale.

QOSHE - Sanremo, il Festival del “e mo’ che cacchio scriviamo?” - Caterina Giojelli
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Sanremo, il Festival del “e mo’ che cacchio scriviamo?”

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10.02.2024
Amadeus legge a Sanremo il comunicato degli agricoltori (foto Ansa) @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Maledetto Sanremo cadaverissimo: qui c’è gente pagata per giocare a bocce con le teste dei nazifascirazzisti e fare salsiccia con i corpi degli omofobi, dove sono gli avvenimenti-base, gli attacchi al sinistrismo dei curatini della destra clericoreazionaria, gli sgozza-agnelli, l’Ungheria di Orban? Tutti questi maschi vestiti da femmine, italiani di seconda generazione, donne contro il patriarcato e neanche un nemico attratto nel tranello d’inseguirli e precipitare nel burrone scavato dalla stampa? E che ci vanno a fare i giornalisti a Sanremo?

Si capisce che gli agit-prop invadessero l’Ariston allo scopo di braccare fin nelle mutande cantanti e conduttori, in conferenza stampa è tutto un «tu ti puoi definire antifascista?», «cantate Bella ciao», «inviterai Elena Cecchettin?», dopo tutta quella bella naja all’ultimo “Festival della Nuova Resistenza” (copy Francesco Merlo), quello dello “scudo del Quirinale”, tra “fratelli d’Italia contro Fratelli d’Italia”.

I giornalisti a naja dalla brigata Citylife

Ricordate il vivere pericolosamente della brigata Citylife, Fedez Che Guevara della Costa Crociere col suo freestyle antigovernativo (rime d’acciaio come traccia/faccia/scaccia/braccia) e Chiara Luxemburg Ferragni in «collana dei diritti umani» per promuovere l’aborto e il femminismo con lezioni sui meme ad “Ama” e ai “raga” dell’Ariston? E Rosa Chemical che per non rischiare di non stare sulle palle a tutti i reazionari vaneggiando di sesso poligamo, porno su Onyfans e desiderio di avere due madri alla fine si è pomiciato il rapper lingualunga? E Blanco che «si........

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