Il ministro Giuseppe Valditara tra Maria e Carlo, liceali della Fondazione Grossman di Milano. Più a sinistra, il rettore Raffaela Paggi e il presidente della Fondazione Banco Alimentare Giovanni Bruno @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Spiega Maria al ministro Giuseppe Valditara che la Colletta alimentare è affare suo fin dall’infanzia: la fa da quando è bambina, prima con i suoi genitori, poi con i compagni di classe. E questo dice già molto di chi è Maria, la sua famiglia, la sua scuola che frequenta: il liceo scientifico della Fondazione Vasilij Grossman, scuola paritaria di Milano dove il ministro dell’Istruzione e del Merito e il presidente della Fondazione Banco Alimentare onlus Giovanni Bruno hanno firmato ieri il protocollo “Educazione al valore del cibo per una cultura del recupero alimentare, nelle Istituzioni scolastiche”.

Ma dice soprattutto cosa è diventato un gesto di popolo che si ripeterà sabato 18 novembre in 11.700 mila supermercati d’Italia, quando anche gli ultimi fra i poveracci potranno riempire il carrello per i poveri.

Maria e Carlo, ex pulcini della Colletta

Vero, la Colletta ricomincia ogni anno da una Maria, da un Carlo (quinta classico, anche lui ex pulcino della Colletta che si è raccontato al ministro), da madri e padri con bambini alle costole. Vero anche che gli italiani hanno finito per prenderci gusto a donare parte della loro spesa e del loro tempo: «Consegnano pasta e tonno, poi ti guardano e dicono “possiamo fermarci anche noi? Vi diamo una mano a raccogliere e insacchettare”», racconta Maria della scorsa edizione, 4,7 milioni di donatori, fra giovani e anziani, bersaglieri e alpini, pezzi di pane e galeotti, ricchi, e disgraziati, molti dei quali saltati dall’altra parte del carrello per dare una mano ai 145 mila volontari.

La storia di come, quando e perché monsignor Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, e il cavalier Danilo Fossati, fondatore della Star, s’incontrarono l’abbiamo raccontata tante volte (spoiler: c’entra una preoccupazione educativa e quella di restituire quanto ricevuto donando a chi ha bisogno), così come nacque l’idea di istituire una chiamata alla solidarietà ogni anno a partire dal 1997. Ma non è per una operazione nostalgia che Giovanni Bruno la ripete al ministro e ai ragazzini di terza media della Grossman che partecipano al momento della firma: «Prendersi cura è il contrario della cultura dello scarto, è un principio di sviluppo sostenibile. Cura di quanto ci è stato affidato e delle generazioni a cui lo consegneremo». Sembra un discorso e invece è un gesto concreto come la spesa a mettere in moto, da Aosta ad Agrigento, migliaia di persone a insacchettare, scaricare la merce in magazzino, effettuare consegne. Non si tratta di beneficenza ma di desiderio di fare il bene «ad altri e a se stessi», ripete Maria. E non solo una volta all’anno: il Banco raccoglie cibo quotidianamente e il protocollo intende proprio portare nelle scuole iniziative educative per combattere lo spreco e condividere ciò che per i ragazzi è scontato trovare pronto a tavola e in dispensa ogni giorno.

Valditara e l’urgenza della carità

«Io vi ringrazio», esordisce il ministro Valditara dopo avere ascoltato i ragazzi e il rettore Raffaela Paggi raccontare il senso dell’opera educativa Grossman che si spende nell’accoglienza dell’altro, dal sostegno ad Avsi e Pro Terra Sancta, dall’accoglienza dei bimbi ucraini fino al Donacibo per l’infanzia, mai per una idea ma sempre per una amicizia, perché «nulla di ciò che è umano ci è estraneo». «Questo è uno dei protocolli che ho firmato con più grande entusiasmo e partecipazione, perché educa alla condivisione, alla gratuità e alla carità. E corrisponde pienamente all’idea che ho di scuola italiana: una scuola costituzionale che metta al centro la persona».

Il ministro si sofferma in particolare sulla carità, motore della tradizione giudaico cristiana e luce della Lombardia fin dal Medioevo: guai alla coazione, ripete, se fosse una legge a costringere a dare all’altro, «dove sarebbe il bene, cosa resterebbe del desiderio di bene e della volontà di farlo?», chiede rivolto ai ragazzi e ai loro educatori. «Bisogna far entrare nelle scuole la lotta allo spreco e l’educazione alimentare, ma anche il senso della gratuità», «la cultura del dono. Invito tutti i giovani e non ad andare e partecipare a un gesto di solidarietà così nobile e bello sabato». Un gesto del popolo e per il popolo che riparte ogni anno da Maria, Carlo e gli altri: non ci sono corsi, punti in formazione di sicurezza stradale o crediti per la patente di cui i giornalisti in margine all’incontro continuano a chiedere al ministro: solo carrelli e sacchetti. Ed è un gran bene per tutti.

QOSHE - Vaditara e la Colletta alimentare che fa scuola - Caterina Giojelli
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Vaditara e la Colletta alimentare che fa scuola

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16.11.2023
Il ministro Giuseppe Valditara tra Maria e Carlo, liceali della Fondazione Grossman di Milano. Più a sinistra, il rettore Raffaela Paggi e il presidente della Fondazione Banco Alimentare Giovanni Bruno @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Spiega Maria al ministro Giuseppe Valditara che la Colletta alimentare è affare suo fin dall’infanzia: la fa da quando è bambina, prima con i suoi genitori, poi con i compagni di classe. E questo dice già molto di chi è Maria, la sua famiglia, la sua scuola che frequenta: il liceo scientifico della Fondazione Vasilij Grossman, scuola paritaria di Milano dove il ministro dell’Istruzione e del Merito e il presidente della Fondazione Banco Alimentare onlus Giovanni Bruno hanno firmato ieri il protocollo “Educazione al valore del cibo per una cultura del recupero alimentare, nelle Istituzioni scolastiche”.

Ma dice soprattutto cosa è diventato un gesto di popolo che si ripeterà sabato 18 novembre in 11.700 mila supermercati d’Italia, quando anche gli ultimi fra i poveracci potranno riempire il carrello per i poveri.

Maria e Carlo, ex pulcini........

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