Una chiesa bruciata durante le violenze contro i cristiani del 16 agosto 2023 a Jaranwala, in Pakistan (Ansa)

«Continuiamo a lamentarci dell’islamofobia in tutto il mondo. E poi cosa facciamo in Pakistan? Ci abbiamo mai pensato? Vogliamo diventare come l’India, dove non c’è sicurezza per le minoranze?». Ha usato parole durissime il presidente della Corte suprema pakistana, Qazi Faez Isa, accusando il governo del Punjab e le forze dell’ordine provinciali di aver fatto poco o niente per rendere giustizia ai cristiani dopo gli attentati del 16 agosto 2023 contro la comunità di Jaranwala.

La follia islamista contro i cristiani di Jaranwala

Quel giorno, sulla base di false accuse di blasfemia, una folla di musulmani ha scatenato una violenza feroce e insensata contro i cristiani di Jaranwala, dando alle fiamme almeno 21 chiese e bruciando 97 case, lasciando migliaia di fedeli senza un tetto dove vivere e senza mezzi di sussistenza.

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Gli islamisti, come aveva denunciato l’Associazione pakistani cristiani in Italia nell’incontro del 21 agosto con l’ambasciatore pakistano in Italia, Javed Ali, «hanno profanato bibbie, croci, oggetti sacri e anche cimiteri. Hanno costretto decine di famiglie cristiane a fuggire dalle proprie case per la paura di perdere la vita».

«Questo rapporto va buttato nel cestino»

In merito alle violenze, il governo del Punjab ha presentato alla Corte suprema il 13 febbraio un rapporto sull’andamento delle indagini. Ma il rapporto, secondo le parole dei giudici che hanno ordinato di redigerne un altro entro dieci giorni, «è buono solo per essere gettato nel cestino».

«È una vergogna che soltanto 18 capi d’accusa siano stati stilati negli ultimi sei mesi», si è scagliato contro le forze dell’ordine del Punjab il giudice Isa. La Corte suprema ha protestato perché nel rapporto mancano le denunce effettuate dai cristiani, il numero dei sospetti identificati, l’aggiornamento dei singoli casi e l’identificativo dei processi aperti.

Manifestazione a Faisalabad contro le violenze dei musulmani nei confronti dei cristiani di Jaranwala (Ansa)

«Dovete proteggere i cristiani»

«Il modo in cui le indagini sono state condotte», ha detto ancora il giudice Isa, «e l’apparente titubanza mostrata dalle forze dell’ordine nell’identificare i colpevoli non farà che gettare discredito sulla polizia». Sembra quasi, ha aggiunto, che gli inquirenti non siano interessati a trovare i colpevoli: «Sembra che i funzionari dello Stato siano intimiditi dalle persone che si sono fatte giustizia da sole e che invece di proteggere la vita e la proprietà dei non musulmani, portino avanti l’agenda dei criminali».

Il giudice Isa ha anche chiesto al sovrintendente delle indagini della polizia di Faisalabad quali azioni siano state intraprese nei confronti dei poliziotti che non hanno fatto niente per fermare i violenti. Il sovrintendente ha risposto che l’indagine è ancora in corso.

La Corte suprema ha quindi intimato alla polizia di condurre una vera indagine e processare gli accusati, pena la sospensione dall’incarico. Al governo del Punjab, invece, ha ordinato di presentare un rapporto sui lavori di ricostruzione delle chiese bruciate e sull’effettivo pagamento dei risarcimenti dovuti ai cristiani.

Gli arrestati rilasciati su cauzione

I cristiani, temendo che le autorità locali non avrebbero fatto nulla contro i colpevoli delle violenze, avevano chiesto all’Alta corte di Lahore di avviare un’indagine giudiziaria. Il governo del Punjab si era opposto, ma a dicembre il tribunale ha dato ragione ai cristiani. Da allora però le autorità non hanno ancora fatto nulla.

Anche se una piccola parte dei facinorosi, 304 persone, è stata arrestata a seguito delle violenze, quasi tutti sono stati rilasciati su cauzione e il timore dei cristiani è che non sarà avviato alcun processo contro di loro. Inoltre, il governo del Punjab aveva promesso di pagare per la ricostruzione delle chiese bruciate e di compensare tutti coloro che avevano perso la casa ma non è arrivata neanche una rupia.

I cristiani perseguitati di Jaranwala, in Pakistan, protestano contro le violenze subite il 16 agosto 2023 (Ansa)

«Ora speriamo di ottenere giustizia»

In un paese come il Pakistan dove i cristiani sono trattati come cittadini di serie B, discriminati in ogni ambito della società e dove le forze dell’ordine non perseguono i colpevoli di violenze ai loro danni, soprattutto quando ci sono di mezzo accuse di blasfemia, temendo ritorsioni, le parole del giudice Isa rappresentano una vera novità e un segnale di speranza.

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«Ora nutriamo qualche speranza che i poveri cristiani di Jaranwala ottengano giustizia», ha commentato l’intervento della Corte suprema il vescovo anglicano Azad Marshall. «Siamo felici che il presidente della Corte abbia prestato ascolto alle nostre preoccupazioni riguardo alle indagini».

Quando la Corte suprema assolse Asia Bibi

Non è la prima volta che la Corte suprema del Pakistan dimostra vicinanza ai cristiani perseguitati. Il giudice che si prese l’onere di assolvere Asia Bibi dopo quasi dieci anni di carcere ingiusto, l’allora presidente della Corte suprema Mian Saqib Nasir, disse nel suo storico intervento in tribunale nel 2018:

«Io, come anche gli altri magistrati del collegio giudicante, amo il profeta Maometto e sono pronto a sacrificare la mia vita per difendere il suo onore. Ma noi non siamo giudici solo per i musulmani. Come possiamo condannare a morte qualcuno senza avere le prove? Noi non amiamo il Profeta meno di chiunque altro e io, che non ho visto Allah, ho imparato a riconoscerLo attraverso la guida del Profeta. Forse che ora ognuno dovrà dimostrare la sua fede? Chi accusa una persona di un reato deve dimostrarlo portando le prove. E non dimentichiamoci dell’Hadith nel quale Maometto disse: “Fate attenzione! Chiunque si comporta in modo crudele e duro con una minoranza non musulmana o viola i suoi diritti, io lo accuserò nel Giorno del Giudizio”».

@LeoneGrotti

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«Ci lamentiamo dell’islamofobia e poi trattiamo così i cristiani in Pakistan?»

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17.02.2024
Una chiesa bruciata durante le violenze contro i cristiani del 16 agosto 2023 a Jaranwala, in Pakistan (Ansa)

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