Palazzi distrutti da un raid dell’esercito israeliano a Rafah, nella Striscia di Gaza (Ansa) @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Nonostante la ferma opposizione degli Stati Uniti, Israele è pronta a invadere Rafah e completare quello che è l’obiettivo annunciato di oltre sei mesi di guerra: smantellare Hamas nella Striscia di Gaza. Secondo molti analisti l’intervento militare nel sud della Striscia è una «tragedia» annunciata, visto che nella città al confine con l’Egitto risiedono più di un milione di sfollati palestinesi, che non hanno una casa dove tornare.

L’evacuazione dei palestinesi da Rafah

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, scrive il Wall Street Journal, non ha intenzione di fermarsi e sta preparando l’offensiva, rinviata dopo l’attacco missilistico dell’Iran, «per raggiungere la vittoria».

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Il piano israeliano prevede il trasferimento di oltre un milione di palestinesi nella vicina città di Khan Younis e in altre aree circostanti, dove saranno predisposti campi profughi con tende per ospitare i civili palestinesi, centri per la distribuzione di viveri e ospedali da campo.

Questa prima parte dell’operazione potrebbe richiedere da due a tre settimane e sarebbe condotta i coordinamento con gli Stati Uniti e altri alleati arabi, come gli Emirati arabi uniti.

«Israele rischia un disastro strategico»

Successivamente, avverrebbe l’invasione di Rafah per eliminare le ultime quattro brigate di Hamas che si nascondono nei tunnel sotto la città, nei quali si troverebbero anche i restanti 129 civili presi in ostaggio dai terroristi islamici durante l’attacco del 7 ottobre.

L’operazione, che dovrebbe durare sei settimane, potrebbe rivelarsi «un disastro strategico per Israele», secondo Bradley Bowman, direttore del Center on Military and Political Power della Fondazione per la difesa delle democrazie. Tel Aviv potrebbe infatti perdere il sostegno militare e diplomatico di Washington, che ha ribadito la sua opposizione all’intervento militare.

L’invasione, ribadisce anche l’Egitto, che confina con Rafah, «porterà a enormi massacri, perdite e distruzioni massicce». Il bilancio della guerra, che ha già causato 34 mila vittime, si aggraverebbe ulteriormente.

L’esercito è pronto a invadere Rafah

Tel Aviv, però, sembra sorda a ogni avvertimento e procede per la sua strada. Decine di migliaia di tende sono già state allestite a Khan Younis, probabilmente per ospitare gli sfollati palestinesi provenienti da Rafah.

Inoltre, le Forze di difesa israeliane hanno richiamato in servizio due brigate, che saranno impiegato nel centro della Striscia, dove operano ancora due brigate di Hamas. Di conseguenza, i soldati che controllano attualmente quel territorio potrebbero essere dispiegate per occupare Rafah.

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La visita ieri mattina in Egitto del capo dell’agenzia di sicurezza israeliana Shin Bet, Ronen Bar, e del capo di stato maggiore dell’Idf, generale Herzi Halevi, sembra indicare che tutto è pronto per l’attacco.

Migliaia di palestinesi, di ritorno a Khan Younis, passano di fianco a un carro armato israeliano (Ansa)

La bambina nata orfana a Gaza

Con quali conseguenze? Il bombardamento israeliano di domenica sulla città meridionale è solo l’ultimo esempio di quello che potrebbe essere il drammatico risultato dell’invasione. Nell’attacco sono morti 16 palestinesi, la maggior parte dei quali donne e bambini. Il bombardamento ha distrutto anche la casa di Sabreen al Sakani, donna all’ottavo mese di gravidanza, che ha perso la vita insieme al marito Shoukri e alla figlia Malak.

I dottori, attraverso un parto cesareo d’urgenza, sono riusciti a salvare la vita della bambina che portava in grembo, nata orfana e attualmente monitorata in un’incubatrice dell’ospedale emiratino operante a Rafah. La neonata dovrà stare in ospedale un mese, poi se ne prenderanno cura i nonni o gli zii, secondo quanto dichiarato dai medici al Guardian.

«Lei è tutto ciò che resta di mio figlio», ha affermato la nonna Mirvat al Sakani all’Associated Press. «Loro non avevano nulla a che fare con questa guerra. Perché li hanno bersagliati? Non sappiamo perché, non sappiamo come, non sappiamo niente».

«La mia intera identità è stata spazzata via»

Un altro bombardamento a Rafah nel fine settimana ha causato la morte di 17 bambini e due donne, tutti appartenenti alla famiglia estesa di Abdel Aal. «Non c’è neanche un uomo tra le vittime», ha dichiarato Saqr Abdel Aal. «Sono morti tutte le donne e i bambini. La mia intera identità è stata spazzata via insieme a mia moglie, ai miei figli e a tutti gli altri».

Israele ha dichiarato di aver centrato diversi obiettivi militari nei bombardamenti di domenica e di cercare sempre di evitare la morte di civili. L’invasione di terra rischia però di aumentare esponenzialmente il rischio di vittime innocenti.

Israele non si fermerà

Tutto fa pensare però che Israele non si fermerà, neanche davanti all’ennesimo orrore di questa guerra: oltre 300 cadaveri ritrovati in una fossa comune nel cortile dell’ospedale Nasser di Khan Younis.

La fossa comune è stata rinvenuta dalle squadre di soccorso di Gaza, ritornate in città dopo la parziale evacuazione dell’esercito israeliano dal sud della Striscia. L’ospedale Nasser era stato attaccato e occupato da Israele per diversi giorni.

Ancora non è chiaro se si tratti di pazienti o sfollati morti durante i bombardamenti o di prigionieri fatti dai militari israeliani durante la conquista della città. Secondo l’esercito israeliano, i cadaveri erano già stati sepolti di fianco all’ospedale quando i soldati sono arrivati. L’Onu ha invocato l’apertura di un’inchiesta indipendente.

@LeoneGrotti

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La «tragedia» annunciata di Rafah

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25.04.2024
Palazzi distrutti da un raid dell’esercito israeliano a Rafah, nella Striscia di Gaza (Ansa) @media only screen and (min-width: 501px) { .align_atf_banner{ float:left; } }

Nonostante la ferma opposizione degli Stati Uniti, Israele è pronta a invadere Rafah e completare quello che è l’obiettivo annunciato di oltre sei mesi di guerra: smantellare Hamas nella Striscia di Gaza. Secondo molti analisti l’intervento militare nel sud della Striscia è una «tragedia» annunciata, visto che nella città al confine con l’Egitto risiedono più di un milione di sfollati palestinesi, che non hanno una casa dove tornare.

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