Manifestazione per il “sì” al referendum sul divorzio organizzata dalla Dc, Roma, piazza del Popolo, 21 aprile 1974 (foto Ansa)

L’interesse per la dimensione del lavoro e dell’impegno sociale da parte mia e di tanti amici nelle Marche è nato molto prima della nascita ufficiale del Movimento Popolare, stimolato dalla presenza di Gioventù studentesca (Gs), che a Pesaro comincia nel 1969, e negli anni immediatamente seguenti da quella di Comunione e Liberazione. Si trattava infatti di una proposta che coinvolgeva tutti gli aspetti della vita e per questo affascinava.

Ad iniziare la presenza di Gs a Pesaro è stata Daniela Tagliatesta, che aveva incontrato da liceale a Piacenza già nel 1958 don Luigi Giussani. Nel 1969, avendo vinto un posto di ruolo anche nel liceo classico di Pesaro, città dove vivevano i suoi genitori, venne invitata da Giussani a tornare a Pesaro e ricongiungersi con la famiglia. Non essendo Gs ancora presente nelle altre città delle Marche tranne che a Fermo, le indicò di collegarsi con Marina Valmaggi di Rimini. A Fermo poi Daniela incontrò il prof. Marco Traini, con cui nacque un’amicizia importante.

La possibilità di una vita nuova

A Pesaro decine di giovani e di adulti aderirono a Gs: Daniela ci aveva comunicato la possibilità di una vita nuova facendoci incontrare don Giussani. Nel modo in cui affrontava la vita Daniela ci trasmetteva una passione per l’ambiente in cui ci trovavamo, a cominciare da quello della scuola. Giussani incontrò molti giovani pesaresi e sfidava tutti a vivere fino in fondo l’ipotesi culturale e di vita cristiana, tanto era convinto del valore della libertà e della forza della verità. Sottolineo questo aspetto, perché la “vision” iniziale era un’apertura a 360 gradi rispetto alla realtà e alle circostanze, non una preoccupazione politica o settoriale. E una promessa per la persona.

La maggior parte dei giovani che si coinvolsero con questo nuovo modo di vivere il cristianesimo era immersa nelle preoccupazioni del Sessantotto: per alcuni si trattava di un impegno vero e proprio, ma comunque a tutti era richiesta una presa di posizione. La natura della proposta che ci veniva fatta e l’esperienza dei primi anni ci confermarono – almeno per me fu così – che l’utopia di un mondo giusto da realizzare e la parzialità di un cambiamento che tagliava via tante parti della persona non avevano ragioni sufficienti. Invece l’esperienza di un “cambiamento in atto” era un’ipotesi che meritava di essere percorsa.

Una presenza nell’ambiente

La proposta dell’Mp si inserì in humus fecondo e in un terreno dissodato: già nel 1973, insieme a Gennaro Mascini e Giancarlo Edera, facevamo la Redazione culturale, che si riuniva giornalmente per fare una rassegna stampa da 6-7 quotidiani. Leggevamo gli articoli, ritagliavamo le pagine interessanti e le catalogavamo per argomento. Non c’era ancora Internet, né c’erano social media, computer, telefoni cellulari, ma eravamo già educati a coinvolgerci in tutte le questioni.

A Pesaro era di casa don Francesco Ricci, che con la sua apertura e il lavoro di Cseo (il centro studi e casa editrice sui temi dell’Europa orientale a cui aveva dato vita) ci aveva sintonizzato con una lunghezza d’onda di grande respiro. Avevamo familiarità soprattutto con don Ciccio Ventorino di Catania e con don Pino Ruggeri di Chiavari (col quale si condivideva un incontro periodico a Bologna). Mp non è nato come un fungo nel nulla, ma ha rappresentato la continuità di un’esperienza già in atto. La mia esperienza era quella di uno che non sente divisioni nell’impegno.

A Milano e a Torino, dove mi trasferii per lavoro a partire dal 1973 per alcuni anni, cominciai subito l’esperienza di Cll (Comunione e Liberazione Lavoratori). Lì c’era la grande audacia di essere presenti nelle grandi fabbriche: ho trascorso molti mesi in viale Sarca dove lavoravo alla Breda e c’erano 30 mila operai, e a Fiat Mirafiori dove ce n’erano certamente di più; inoltre con alcuni amici operai eravamo presenti in Pirelli sempre a Torino. Tornato a Pesaro come altri, abbiamo ripreso con vigore una presenza pubblica. Facevamo incontri e volantini di giudizio che venivano distribuiti negli ambienti (fabbriche, ospedali, scuole); invitavamo a feste popolari alle quali partecipavano migliaia di persone. Contemporaneamente si sviluppava la nostra presenza nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro: banche, ospedale, eccetera. Cll era diventato un luogo di confronto e di incontro per una presenza nell’ambiente.

La proposta di Mp, i referendum, l’omicidio Moro

Credevamo di poter cambiare e migliorare l’ambiente di lavoro e la società civile e sulla base di questa intenzione riscuotevamo una grande fiducia. L’Mp non era ancora ufficialmente nato, ma era già un’esperienza e aveva molti amici, tanto che alle prime elezioni amministrative nel giugno 1975 un nostro rappresentante per il Consiglio comunale, Antonio Bonali, ricevette più di duemila voti, un record storico per le elezioni nella città di Pesaro. Pochi anni dopo questo clima di favore si è trasformato in delusione, quando non in esplicita condanna.

La proposta del Movimento popolare attecchì subito e si diffuse anche in ambiti laici e di sinistra. Avevamo alcune certezze che trovavano corrispondenza in molti. Sembrava potessimo rispondere alle attese di un popolo ancora vivo (sopravvissuto…) e ancora disposto a mettersi al lavoro. Nelle nostre assemblee o manifestazioni tre erano gli aspetti “convincenti”:

  1. i princìpi ideali che ci muovevano;
  2. la nostra autorevolezza;
  3. avere uno scopo buono e condiviso: il bene della gente.

Si trattava quindi di una posizione non ideologica nella motivazione, forte dell’amicizia tra di noi. In quel decennio – 1970-1980 – avvennero fatti di grande importanza. I due referendum, il primo già nel 1974 sul divorzio ed il secondo sulla legge che aveva legalizzato l’aborto (la 194 approvata nel 1978) nel 1981 dimostrarono che l’appello ai valori cristiani non trovava nella gente corrispondenza maggioritaria. Pensare che i valori cristiani di persona, libertà, verità e giustizia fossero patrimonio comune aveva illuso non solo la Chiesa. La mobilitazione che mettemmo in campo con impeto e dedizione non trovava collaborazione neppure negli ambienti cattolici. Rimanemmo soli, ma obbedienti senza nessuna ambiguità alla Chiesa. Nel 1978 ci fu l’assassinio di Aldo Moro, da allora niente fu più sacro, neanche la vita di un uomo riconosciuto come simbolo di impegno e moralità. Per uno scopo, un’idea, si poteva compiere e giustificare qualsiasi delitto.

Al fianco di Solidarnosc

All’inizio del decennio seguente fummo tutti impegnati nella battaglia per Solidarnosc, il libero sindacato polacco. La simpatia di molti di noi per loro e per alcuni l’amicizia personale con loro dirigenti fecero dell’Mp un movimento internazionale nel nome di una battaglia comune di libertà. Per motivi di lavoro ho avuto occasione di recarmi a Danzica ed ho potuto incontrare anche negli ultimi anni i rappresentanti di Solidarnosc, insieme ai quali ho deposto un mazzo di fiori davanti ai cancelli del Cantiere navale, tanto era forte la memoria di quelle vicende.

Parallelamente proseguiva il lavoro di Cll. Con gli amici a livello nazionale (Carlo Buora, Giuseppe Albetti, Sante Padovese, Maurizio Fasani, eccetera) il rapporto era stretto e caloroso. Un esempio di quel clima è che l’inizio dell’esperienza di Gino Girolomoni – il creatore del marchio di agricoltura biologica Alce Nero, antesignano della coltivazione biologica e naturale – nacque proprio grazie agli incontri con Buora e altri amici, che vollero venire a incontrare personalmente Gino e la sua nascente impresa. In quel periodo molti furono spinti ad intraprendere attività professionali e imprenditoriali nuove, a creare in nuce una rete di imprese. Tutto ciò era sostenuto da amicizie e rapporti personali, non semplicemente dalla condivisione di un’idea.

L’adesione alla Cisl

C’erano tra noi anche alcuni operai per i quali fare presenza nelle fabbriche non era facile, ma sostenevano le loro ragioni anche all’interno del movimento sindacale. Spesso erano impegnati direttamente nel sindacato, come molti nostri impiegati. Scegliemmo di aderire alla Cisl, che da noi non era infestata da extraparlamentari violenti come a Milano. Un nostro carissimo amico, Edgardo Terenzi, lasciò spontaneamente la Cgil, dove aveva fatto un’importante carriera, per passare alla Cisl, che a Pesaro almeno idealmente era più accogliente rispetto alle nostre posizioni.

Anche l’amicizia con i responsabili regionali di Mp è stata importante. Nelle Marche condividevo la responsabilità con Andrea Calzolaio e un gruppo di amici di San Benedetto del Tronto, e aggregavamo amici a Urbino, a Macerata e in tutta la regione, anche nei paesi più piccoli come Acqualagna, Carpegna e Ostra. Li ricordo bene perché associo ai paesi nomi e volti di persone. A fine decennio tenemmo addirittura l’assemblea nazionale di Mp a Vico Equense, in Campania. Fu un segnale di grande novità.

(1. continua)

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La grande amicizia da cui è nato il Movimento Popolare nelle Marche

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19.04.2024
Manifestazione per il “sì” al referendum sul divorzio organizzata dalla Dc, Roma, piazza del Popolo, 21 aprile 1974 (foto Ansa)

L’interesse per la dimensione del lavoro e dell’impegno sociale da parte mia e di tanti amici nelle Marche è nato molto prima della nascita ufficiale del Movimento Popolare, stimolato dalla presenza di Gioventù studentesca (Gs), che a Pesaro comincia nel 1969, e negli anni immediatamente seguenti da quella di Comunione e Liberazione. Si trattava infatti di una proposta che coinvolgeva tutti gli aspetti della vita e per questo affascinava.

Ad iniziare la presenza di Gs a Pesaro è stata Daniela Tagliatesta, che aveva incontrato da liceale a Piacenza già nel 1958 don Luigi Giussani. Nel 1969, avendo vinto un posto di ruolo anche nel liceo classico di Pesaro, città dove vivevano i suoi genitori, venne invitata da Giussani a tornare a Pesaro e ricongiungersi con la famiglia. Non essendo Gs ancora presente nelle altre città delle Marche tranne che a Fermo, le indicò di collegarsi con Marina Valmaggi di Rimini. A Fermo poi Daniela incontrò il prof. Marco Traini, con cui nacque un’amicizia importante.

La possibilità di una vita nuova

A Pesaro decine di giovani e di adulti aderirono a Gs: Daniela ci aveva comunicato la possibilità di una vita nuova facendoci incontrare don Giussani. Nel modo in cui affrontava la vita Daniela ci trasmetteva una passione per l’ambiente in cui ci trovavamo, a cominciare da quello della scuola. Giussani incontrò molti giovani pesaresi e sfidava tutti a vivere fino in fondo l’ipotesi culturale e di vita cristiana, tanto era convinto del valore della libertà e della forza della verità. Sottolineo questo aspetto, perché la “vision” iniziale era un’apertura a 360 gradi rispetto alla realtà e alle circostanze, non una preoccupazione politica o settoriale. E una promessa per la persona.

La maggior parte dei giovani che si coinvolsero con questo nuovo modo di vivere il cristianesimo era immersa nelle preoccupazioni del Sessantotto: per alcuni si trattava di un impegno vero e proprio, ma comunque a tutti era richiesta una presa di posizione. La natura della proposta che ci veniva fatta e l’esperienza dei primi anni ci confermarono – almeno per me fu così – che l’utopia di un mondo giusto da realizzare e la........

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