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Seconda e ultima parte della storia del Movimento Popolare nelle Marche ricostruita da Marco Careri. La prima parte è disponibile in questo post del blog “Memoria popolare”.

* * *

L’esperienza del Movimento Popolare nelle Marche e nel resto d’Italia porta a molte riflessioni oggi.

Abbiamo vissuto un tentativo pensando che un metodo e una spinta ideale fossero adeguati all’affronto della situazione. Abbiamo scoperto, anche per i fallimenti e le ferite causate a noi stessi e agli altri, che senza le condizioni della realtà e la corrispondenza nella vocazione personale non si costruisce niente. Non basta la buona intenzione e nessuna appartenenza, anche nobile, garantisce. In fondo è stato un peccato di presunzione. Pensavamo: «Noi sì che sappiamo fare una nuova società, noi sì che possiamo fare opere!».

Inoltre c’è stato un cambiamento d’epoca che papa Ratzinger e papa Bergoglio hanno rilevato con chiarezza. La coscienza personale è indebolita e infragilita, spesso confusa e ci si può dividere facilemente su temi come le iniziative da prendere per l’ambiente, l’animalismo, i vaccini, eccetera.

Il popolo è diventato un’idea, non è più una realtà… Invocare i valori o una buona idea rischia di diventare, se la cosa è perseguita con pervicace nostalgia, una violenza. Essere d’accordo su una idea o appartenere non sono sufficienti senza la persona. Ne ho esperienza anche alla Nuova Scuola, che grazie a Dio vive e cresce. Le categorie e le definizioni che per tanto tempo abbiamo usato non hanno più senso, se non hanno riscontri nella realtà. In fondo è una forma di idealismo. Penso alle definizioni che usiamo, in relazione ai genitori o agli insegnanti o agli studenti o ai gestori. Rischia di essere un’attribuzione di uno status equivoco se non riscontra la responsabilità delle persone. Forse è meglio un luogo di persone che una categoria.

Come si ricostruisce l’educazione della persona e del popolo, che tanto stava a cuore a don Giussani? Non si possono più usare slogan come “Più società, meno Stato”: un’espressione affascinante, ma se non ci sono più le persone? E che vale per me questa affermazione se non sono tagliato per fare l’imprenditore? Cosa conta conquistare il mondo se poi perdiamo noi stessi? L’esperienza di novità che oggi si incontra in luoghi sparsi in alcune zone d’Italia e che sta riprendendo in ambiti liberi e non catalogati da una definizione, ci colpisce proprio perché non l’avevamo prevista. Penso che l’Avvenimento non si replichi: accade dove accade perché uno o più hanno vocazione e trovano circostanze favorevoli e provvidenziali.

La “comunione” che non c’era

Il riscontro dell’esperienza di questi cinquant’anni ci può aiutare, senza rinnegare nulla e con immensa gratitudine nei confronti dei maestri che ci hanno aiutato e dei compagni di strada. Cosa ci insegna questa avventura? Possiamo accontentarci di dire che è colpa degli altri, magistrati, avversari politici, cattivi maestri, carenze organizzative, mancanza di leader carismatici?

E tutti i fallimenti, quelli veri, quelli con i soldi e con i debiti e gli operai o i fornitori non pagati? Con tutte le divisioni e le disillusioni, e tutti gli insuccessi politici: altro che rinnovare la Dc! E tutti i partitelli che abbiamo fondato…

Forse non bastano buone idee e buone appartenenze. Si può replicare e restaurare la realtà e la situazione che abbiamo vissuto? Io personalmente posso raccontare che al culmine del decennio, nel 1980, partecipai come esterno insieme ad altri pochi amici del Movimento Popolare al Congresso annuale della Dc a Roma all’Eur. Presentai goffamente molti piccoli emendamenti alla relazione finale introducendo ovunque l’importanza dei soggetti dal basso, cooperative, eccetera, in linea con la nostra posizione. Aggiunsi anche la proposta di togliere un riferimento «alla comunione dei votanti la Dc». Mi sembrava una affermazione quanto mai scorretta e irrealistica e il termine usato svilito. Fui contestato – unico intervento polemico contro un intervento in assemblea – da un alto esponente Dc allora ministro, che invocò l’appropriatezza dell’espressione usata citando Jacques Maritain. L’assemblea applaudì entusiasticamente, tanto eravamo estranei e mal sopportati. Dov’è ora quella comunione? Che ne è stato di quell’elettorato?

La nascita della Nuova Scuola

Quella mia presunzione, ho imparato nel tempo, mi ha insegnato a guardare la realtà e le condizioni usando metodi adeguati all’oggetto da conoscere. Se devi fare l’imprenditore, verifica se sei adatto, se ci sono le condizioni ed i segni che Dio ti manda. Non cambi il mondo a partire dalle conseguenze, ma dall’origine che sempre ci precede e che è una grazia. Il mondo non lo cambi tu. Oggi ho lo stesso entusiasmo di cinquant’anni fa nel vedere nascere e fiorire luoghi e realtà in cui pulsa la stessa passione. Con tutto ciò, rifarei tutto il percorso.

Mikel Azurmendi, il sociologo basco spagnolo scomparso nel 2021, diceva che in tutte le discipline, negli ultimi decenni, i tentativi di individuare le tendenze storiche che permettessero di pianificare il futuro si sono rivelati fallimentari. Eppure continuiamo a sperare di trovare il meccanismo giusto per impedirci la fatica di vivere e di attendere. Proprio in quegli anni, per la precisione nel 1977, è nata La Nuova Scuola, di cui ho fatto cenno sopra. In un territorio nel quale si affidava alla Chiesa solo l’educazione dei piccoli, dalla materna al massimo fino alle elementari, noi che offrivamo le medie prima e poi i licei incontravamo grande ostilità da parte della politica e grande diffidenza da parte delle famiglie. Dopo quasi 50 anni le cose sono cambiate: la politica, anche quella “amica”, continua a non aiutarci, invece la città e le famiglie che hanno visto i frutti dell’esperienza della scuola sono grate e riconoscono il bene che da essa è nato. Anche le istituzioni cominciano a considerarci parte attiva del sistema scolastico cittadino.

Apertura a tutte le famiglie

La scuola propone tutti i livelli, dall’asilo nido ai licei classico e scientifico. La frequentano alunni della provincia di Pesaro, ma anche delle province di Ancona e di Rimini. In controtendenza rispetto alla natalità decrescente, la scuola ha 450 alunni, in crescita del 20 per cento negli ultimi tre anni. Siamo l’unica scuola cattolica nelle Marche per il livello di scuola secondaria di 2° grado e una delle pochissime scuole secondarie di 1° grado. Fra le nostre caratteristiche peculiari c’è il fatto che accogliamo alunni di qualsiasi fede e confessione, in particolare molti musulmani, in piena sintonia e amicizia con i loro genitori, incontrati uno per uno. Consapevolmente preferiscono alla scuola laica, dimostratasi nemica di qualsiasi religione, una scuola dichiaratamente cattolica. Alcuni studenti hanno già concluso il ciclo delle scuole superiori e continuano ad essere musulmani, ma con maggiore coscienza. Per chi vuole, è previsto l’insegnamento del Corano al posto dell’ora di religione: gli insegnanti sono scelti di comune accordo e le lezioni sono in lingua italiana.

Tranne che per la scuola primaria, non abbiamo nessun aiuto pubblico né dallo Stato, né dalla Regione: non siamo in Lombardia! Quindi il conto economico è stato sempre un problema, di anno in anno. Fino a tre anni fa, per più di 40 anni, ho aiutato “a fare il bilancio” e so cosa vuol dire. Ma questo non ci ha impedito di accogliere chiunque volesse frequentare la nostra scuola. Abbiamo istituito un sistema di sconti e convenzioni sulla base dell’Isee che ammonta a circa 300 mila euro annui (circa il 20 per cento dei ricavi lordi). Chiunque si riconosca nelle “ragioni” che la Scuola propone, può chiedere l’iscrizione. Con tutto ciò, il conto economico è vicino al pareggio, e sembra un miracolo, anche perché le rette sono adeguate al territorio, cioè basse.

L’esperienza del Covid

Che riflessioni mi nascono dall’esperienza, che si è fatta storia, in una città di 100 mila abitanti? Cosa ha permesso tutto questo, anche rispetto alle considerazioni fatte prima e ad analoghi tentativi, ora in grave difficoltà o in via di chiusura?

Certamente l’esistenza di un soggetto consapevole dello scopo e attraente per genitori e studenti, che per la maggior parte non frequentano il movimento di Cl. Negli anni del Covid è stata evidente l’esperienza. Tutti avevano paura o si abbandonavano a speranze inconsistenti. Noi abbiamo costituito un luogo di speranza, perché vissuto in modo originale da tanti – insegnanti, personale Ata, gestori e genitori –, intesi non come categorie rappresentate, ma come persone che vivevano di questa speranza. Quando tutti eravamo tentati di ritirarci, la scuola ha proposto un’accoglienza maggiore, ha investito in spazi più belli, ha allargato la proposta anche a livello di orari per venire incontro alle nuove esigenze.

Questa speranza si vedeva nelle facce di chi, a tutti i livelli, comprese le segreterie, accoglieva i ragazzi al mattino. Siamo stati un luogo in cui si può essere accompagnati a vivere. Non solo per la cura delle prestazioni e dell’insegnamento, non solo per la qualità delle strutture o per le materie innovative, ma per quel senso dell’umano per cui uno può essere anche incapace e ribelle, ma sa di essere sempre ripreso. Può sempre ricominciare, anche dopo una nota o una sospensione.

Negli ultimi tre anni abbiamo passato il testimone della gestione a Leonardo Alessi e a “Scuole per crescere” per garantire la continuità e la sostenibilità nel tempo. Con lo stesso scopo e con un soggetto adeguato ad affiancare e sostenere il soggetto educativo. L’esperienza non è stata frutto di metodologie standardizzate, né di formule diffuse, né di appartenenza al sistema educativo. È stato, per Grazia, l’avvenimento di un soggetto nuovo che ha fatto storia. Anche per il futuro, la presenza di questi soggetti umani nuovi – che si mettono insieme, certo, ma con un cuore già cosciente di sé e dello scopo – è l’unica risorsa. La Storia continua.

(2. fine)

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Nascita della Nuova Scuola di Pesaro, un’opera che si è fatta storia

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03.05.2024
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Seconda e ultima parte della storia del Movimento Popolare nelle Marche ricostruita da Marco Careri. La prima parte è disponibile in questo post del blog “Memoria popolare”.

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L’esperienza del Movimento Popolare nelle Marche e nel resto d’Italia porta a molte riflessioni oggi.

Abbiamo vissuto un tentativo pensando che un metodo e una spinta ideale fossero adeguati all’affronto della situazione. Abbiamo scoperto, anche per i fallimenti e le ferite causate a noi stessi e agli altri, che senza le condizioni della realtà e la corrispondenza nella vocazione personale non si costruisce niente. Non basta la buona intenzione e nessuna appartenenza, anche nobile, garantisce. In fondo è stato un peccato di presunzione. Pensavamo: «Noi sì che sappiamo fare una nuova società, noi sì che possiamo fare opere!».

Inoltre c’è stato un cambiamento d’epoca che papa Ratzinger e papa Bergoglio hanno rilevato con chiarezza. La coscienza personale è indebolita e infragilita, spesso confusa e ci si può dividere facilemente su temi come le iniziative da prendere per l’ambiente, l’animalismo, i vaccini, eccetera.

Il popolo è diventato un’idea, non è più una realtà… Invocare i valori o una buona idea rischia di diventare, se la cosa è perseguita con pervicace nostalgia, una violenza. Essere d’accordo su una idea o appartenere non sono sufficienti senza la persona. Ne ho esperienza anche alla Nuova Scuola, che grazie a Dio vive e cresce. Le categorie e le definizioni che per tanto tempo abbiamo usato non hanno più senso, se non hanno riscontri nella realtà. In fondo è una forma di idealismo. Penso alle definizioni che usiamo, in relazione ai genitori o agli insegnanti o agli studenti o ai gestori. Rischia di essere un’attribuzione di uno status equivoco se non riscontra la responsabilità delle persone. Forse è meglio un luogo di persone che una categoria.

Come si ricostruisce l’educazione della persona e del popolo, che tanto stava a cuore a don Giussani? Non si possono più usare slogan come “Più società, meno Stato”: un’espressione affascinante, ma se non ci sono più le persone? E che vale per me questa affermazione se non sono tagliato per fare l’imprenditore? Cosa conta conquistare il mondo se poi perdiamo noi stessi? L’esperienza di novità che oggi si incontra in luoghi sparsi in alcune zone d’Italia e che sta riprendendo in ambiti liberi e non catalogati da una........

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