La Nave Duilio in navigazione nel Mar Rosso, 3 marzo 2024 (Ansa)

E così sono arrivati anche i primi morti. Nei giorni scorsi il missile lanciato dai ribelli Houthi su un cargo greco ha provocato tre vittime ed ora la nave viaggia alla deriva senza equipaggio. Tra l’altro, il cargo, greco di proprietà, batteva bandiera delle Barbados e apparteneva ad un armatore della Liberia, segno che ai ribelli non interessano le questioni di bandiere, non distinguono così tanto fra amici e nemici, ma le navi sono considerate, tout court, un bersaglio da colpire. Questo nonostante la presenza delle missioni internazionali nell’area, compresa la missione Aspides a guida italiana, che evidentemente non sono in grado di ostacolare, del tutto, i rischi di questi attacchi. Senza dimenticare che oggi si usano missili del costo di uno o due milioni di euro per abbattere droni che ne costano forse centomila.

Perché il tema ci interessa? Innanzitutto, perché sta rimettendo in evidenza la centralità del mare, di cui siamo tutti poco consapevoli. In secondo luogo, perché quello che sta accadendo nel Mar Rosso colpisce immediatamente e pesantemente gli interessi italiani. La centralità del mare è testimoniata dal fatto che l’80 per cento della popolazione mondiale vive entro i 200 chilometri dalla costa e che in Italia addirittura il 30 per cento dei cittadini abitano entro i 300 metri. Inoltre, il 25per cento del Pil italiano è correlato al sistema mare. Ancor più significativo il fatto che dal mare passa circa il 90 per cento delle merci mondiali e sotto il mare il 99 per cento del traffico dati via cavo. Per altro la via marittima consente modalità di trasporto che sono sei volte meno inquinanti rispetto quelle via terra.

Perché il Mar Rosso è importante

Bastano questi dati per richiamare l’attenzione su come quel che accade sopra e sotto il mare sia decisivo per la libertà dei traffici e della navigazione, ma anche per la sicurezza delle telecomunicazioni, attraverso i cavi sottomarini, che sono oltre 550, alcuni lunghi addirittura 45 mila chilometri e complessivamente oltre 1,4 milioni di chilometri. Essi sono centrali per gli equilibri economici e lo scambio di informazioni e di comunicazione nel mondo. Un trilione di transazioni nel 2023 per un valore di 10 trilioni di dollari è passato da questi cavi sottomarini, con un traffico che cresce del 12 per cento l’anno. Si capisce dunque come, sia le navi mercantili, sia i cavi per le comunicazioni internet possano diventare un bersaglio di grande valore strategico.

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Nei giorni scorsi è giunta anche la notizia che è stato tranciato, con un atto di sabotaggio, una connessione cavo da cui passano il 25 per cento delle comunicazioni internet tra l’occidente e l’oriente. Per l’esattezza l’attacco ha distrutto 4 cavi sotterranei che richiederanno parecchie settimane per essere riparati.

Torniamo al tema delle merci. Perché il Mar Rosso è così importante per il nostro Paese? Innanzitutto, perché dal Mar Rosso transita il 40 per cento dell’import-export marittimo nazionale e soprattutto perché la conseguenza degli attacchi dei ribelli Houthi ha provocato, nell’arco di poche settimane, una riduzione del 43 per cento dei transiti per quella rotta e contemporaneamente un aumento del 40 per cento dei percorsi che circumnavigano l’Africa attraverso il Capo di Buona Speranza. Ciò ha portato ad una contrazione del 17 per cento nell’attività dei porti italiani e ad un aumento del costo del trasporto che è quasi triplicato nell’arco di pochi giorni.

Circoscrivere i conflitti

Si calcolano – a fine febbraio – 48 attacchi, 23 navi colpite e una sequestrata. Numero destinato a crescere, aumentando l’insicurezza del trasporto in quella zona e quindi moltiplicando gli effetti negativi per noi di un traffico commerciale che si sposterà sempre di più verso rotte alternative, circumnavigando l’Africa, con l’effetto che le navi cargo si dirigeranno direttamente nei porti del Nord Europa come Rotterdam, Amburgo o Anversa e non più verso quelli del mediterraneo, quindi spiazzando significativamente i traffici che interessano il nostro Paese.

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Se queste sono le conseguenze dirette, occorre aggiungere una considerazione più complessiva. In un modo interconnesso come il nostro, scatenare un conflitto in un’area regionale significa innescare conseguenze che hanno inevitabilmente ripercussioni su scala globale. Questo fatto sembra non essere chiaro nella consapevolezza dei decisori politici e dei leader mondiali perché, da un po’ di tempo a questa parte, sembra che si stia dimenticando la lezione imparata durante il ‘900, dopo la prima e la Seconda guerra mondiale. La lezione che la guerra non potesse essere mai e in nessun caso un mezzo idoneo a dirimere le controversie tra i popoli. È come se ritorni ad essere sdoganata, se non l’idea in sé che la guerra sia possibile, o perlomeno la decisione che sia ragionevole fare ciò che storicamente, nei tempi recenti, è sempre stata la premessa di ulteriori conflitti e cioè ritenere che per la propria sicurezza occorre rafforzare gli armamenti e la potenza militare.

Temo che i fenomeni che stiamo vedendo possano innescare una spirale di cui vediamo l’inizio ma non sappiamo ancora quale sarà la fine. Per questo è importante agire rapidamente per circoscrivere i conflitti, come ci ricorda quotidianamente il Papa, e ribadire che con la guerra tutto è perduto e la pace è l’unica prospettiva alla quale possiamo guardare se vogliamo continuare nella direzione del progresso e dello sviluppo per il nostro Paese e per il mondo intero.

QOSHE - Perché gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso non possono lasciarci indifferenti - Raffaele Cattaneo
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Perché gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso non possono lasciarci indifferenti

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09.03.2024
La Nave Duilio in navigazione nel Mar Rosso, 3 marzo 2024 (Ansa)

E così sono arrivati anche i primi morti. Nei giorni scorsi il missile lanciato dai ribelli Houthi su un cargo greco ha provocato tre vittime ed ora la nave viaggia alla deriva senza equipaggio. Tra l’altro, il cargo, greco di proprietà, batteva bandiera delle Barbados e apparteneva ad un armatore della Liberia, segno che ai ribelli non interessano le questioni di bandiere, non distinguono così tanto fra amici e nemici, ma le navi sono considerate, tout court, un bersaglio da colpire. Questo nonostante la presenza delle missioni internazionali nell’area, compresa la missione Aspides a guida italiana, che evidentemente non sono in grado di ostacolare, del tutto, i rischi di questi attacchi. Senza dimenticare che oggi si usano missili del costo di uno o due milioni di euro per abbattere droni che ne costano forse centomila.

Perché il tema ci interessa? Innanzitutto, perché sta rimettendo in evidenza la centralità del mare, di cui siamo tutti poco consapevoli. In secondo luogo, perché quello che sta accadendo nel Mar Rosso colpisce immediatamente e pesantemente gli interessi italiani. La centralità del mare è testimoniata dal fatto che l’80 per cento della popolazione mondiale vive entro i 200 chilometri dalla costa e che in Italia addirittura il 30 per cento dei cittadini abitano entro i 300 metri. Inoltre, il 25per cento del Pil italiano è correlato al sistema mare. Ancor più significativo il fatto che dal mare passa circa il 90........

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