La settimana appena trascorsa Milano è stata invasa da migliaia di visitatori provenienti da 180 Paesi per prendere parte alla kermesse del “Salone del mobile” e a tutti gli eventi “fuori salone” della Design week. Inoltre, Il 15 aprile, giorno della nascita di Leonardo da Vinci, è stata celebrata per la prima volta la giornata del “Made in Italy”.

Ho avuto modo di partecipare ad alcuni eventi in veste istituzionale per conto della Regione Lombardia. Queste occasioni, organizzate da Governo, associazioni e dai consolati dei vari Paesi, mi hanno permesso di riflettere su cosa c’è davvero alla base di un fenomeno straordinario come quello celebrato, a volte anche retoricamente, dai media. I numeri del design, della moda e dello stile sono impressionanti.

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Le tre “A”: abbigliamento, arredamento, alimentazione, sono i settori che permettono alla bilancia commerciale italiana di essere in equilibrio, a fronte del segno meno proveniente da tanti altri settori, a cominciare dall’importazione di materie prime ed energia. E al “Made in Italy” si affianca la meccanica, che nel nostro Paese, in molti casi, è proprio al servizio dei settori citati.

In un mio intervento ho fatto riferimento ad una piccola impresa in provincia di Pavia che produce le migliori gelatiere al mondo, per uso domestico o professionale. Il New York Times ed il Los Angeles Daily le citano come le “Cadillac” del settore. Un esempio di come molto del nostro “Made in Italy”, anche nel settore meccanico e del machinery – pensiamo alle macchine per l’industria tessile o per l’agricoltura e l’alimentazione – compartecipa alla costruzione dello stile italiano.

Una cultura millenaria

Colpisce innanzitutto, quanto queste tre “A” siano legate strettamente alla persona. L’alimentazione, ossia come ci nutriamo, l’abbigliamento, come di presentiamo agli altri, e l’arredamento, ossia come decidiamo di rendere utili e confortevoli le nostre abitazioni. In queste tre “A” il prodotto è molto simile all’idea di servizio. Esso deve rispondere ad un bisogno della persona, e deve essere quindi intrinsecamente fatto bene. E questo va ben al di là dell’idea prettamente consumistica che può assumere un manufatto.

Ebbene, questa caratteristica è molto viva e presente nel nostro Paese, e rende i nostri imprenditori più capaci di affrontare e vincere la sfida del bisogno altrui e la nostra impresa più creativa e flessibile rispetto a quelle di altri territori, anche economicamente più strutturati. Non a caso lo stile di vita italiano è desiderato nel mondo e gli italiani sono ritenuti più capaci di trovare soluzioni geniali.

Alla base di questa originalità, c’è indubbiamente il portato di una cultura millenaria, dove il gusto per la bellezza rappresenta un elemento imprescindibile, ma sussiste un motivo ancor più profondo. Esso è figlio della cultura cristiana, figlio dell’idea che il rapporto con l’altro è sostenuto da una dignità che presuppone una responsabilità nel bello e nel buono da cui non si può prescindere. Questa visione del lavoro, questo gusto del bello e del buono è a mio parere il patrimonio più prezioso che il nostro Paese può portare in dote al mondo.

Orgogliosi e consapevoli

Del resto, in un contesto globale di 8 miliardi di abitanti, cosa può rappresentare l’Italia, che vale meno dell’1 per cento della popolazione mondiale, se non questa sua originalità culturale, sociale ed economica insieme? Potremmo essere solo marginali, ma questa modalità di concepire il lavoro ed il rapporto con l’altro, ha una sua forza insopprimibile e al contempo attraente.

Tutto questo vale per la moda, per l’arredamento, per l’agrifood, ma in fondo non è la stessa cifra culturale che rende uniche ad esempio la Ferrari, la Ducati, o Eni nel modo non predatorio con cui da sempre si rapporta con i Paesi africani, ma persino i nostri Carabinieri quando fanno peacekeeping nel mondo?

Dovremmo essere un po’ più orgogliosi di questa radice e soprattutto più consapevoli della sua genesi. Se si tagliano le radici si perdono anche frutti e fiori. Il vero rischio che possiamo correre non è tanto quello di perdere la ricchezza che il “Made Italy” genera, ma di perdere quell’originalità culturale e sociale, fattasi modello economico, che sta alla sua base e che l’ha generata.

QOSHE - Quello che c’è davvero dietro il Made in Italy - Raffaele Cattaneo
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Quello che c’è davvero dietro il Made in Italy

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20.04.2024

La settimana appena trascorsa Milano è stata invasa da migliaia di visitatori provenienti da 180 Paesi per prendere parte alla kermesse del “Salone del mobile” e a tutti gli eventi “fuori salone” della Design week. Inoltre, Il 15 aprile, giorno della nascita di Leonardo da Vinci, è stata celebrata per la prima volta la giornata del “Made in Italy”.

Ho avuto modo di partecipare ad alcuni eventi in veste istituzionale per conto della Regione Lombardia. Queste occasioni, organizzate da Governo, associazioni e dai consolati dei vari Paesi, mi hanno permesso di riflettere su cosa c’è davvero alla base di un fenomeno straordinario come quello celebrato, a volte anche retoricamente, dai media. I numeri del design, della moda e dello stile sono impressionanti.

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