Papa Francesco durante l’udienza generale in Vaticano, 14 febbraio 2024 (Ansa)

Durante le celebrazioni pasquali, papa Francesco è ritornato ancora una volta a richiamare il mondo sul tema della pace, riferendosi a tutti i conflitti aperti ed in particolare concentrandosi sulla guerra tra Russia e Ucraina, auspicando «uno scambio generale di tutti i prigionieri: tutti per tutti!».

Si tratta dell’ennesima forte e provocatoria richiesta del Papa che ricalca quello che aveva già detto, destando molto scalpore, lo scorso 10 marzo ad un’intervista alla Tv Svizzera, invocando «il coraggio della bandiera bianca». In realtà quella frase era stata strumentalizzata. Nell’intervista in questione il giornalista Lorenzo Buccella domandava al Papa: «In Ucraina c’è chi chiede il coraggio della resa, della bandiera bianca. Ma altri dicono che così si legittimerebbe il più forte. Cosa pensa?». E papa Francesco rispose: «È un’interpretazione. Ma credo che sia più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà? Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Oggi, per esempio nella guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore. La Turchia, si è offerta per questo. E altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore».

Stallo e numero vittime

Il coraggio del negoziato è dunque quello che il Papa ha invocato, ben più e ben diverso del coraggio della bandiera bianca! Anche perché la Chiesa ha ben chiaro che la pace non può mai coincidere con la resa. E forse il coraggio di negoziare è ciò che oggi davvero manca. In fondo, sul fronte militare la guerra tra Russia e Ucraina è in una situazione di stallo. Difficile prevedere una soluzione a breve termine per via militare, a meno che le forze russe non riescano a sfondare il fronte o non intervenga qualche fatto nuovo e clamoroso, che certamente nessuno auspica, come l’utilizzo di armi ancor più distruttive.

Proprio per questo, oggi il tema del coraggio del negoziato è ancora più centrale. Deve essere ben chiaro che non si può chiedere a chi è stato aggredito di arrendersi all’aggressore, ma non si possono neppure immaginare soluzioni miracolistiche che riportino tutto magicamente come prima. Come non si può certo dimenticare che, sino a poco più di due anni fa, persone che erano abituate a vivere come noi, si sono trovate improvvisamente a convivere con droni e missili, case distrutte ed un orizzonte di macerie. Non si può, altresì, celare il fatto che le stime parlano di più di 300.000 vittime dall’inizio del conflitto, seppur non esistano dati ufficiali.

Chi parla di pace

Continuare la guerra vorrebbe dire aggiungere altre migliaia e migliaia di morti e feriti, infilandosi in una catastrofe umanitaria di sproporzionata gravità. La verità è che l’Europa si è abituata. Noi cittadini ci siamo assuefatti ai servizi dei Tg. Eppure, io ogni mattina percepisco un brivido quando ascolto la triste contabilità dei morti e dei feriti, relativi agli attacchi della notte precedente. Notizie che ci giungono con il contagocce e che riguardano sostanzialmente i civili. Poco o nulla sappiano di quanto accade sul fronte e, detto per inciso, la vita di un militare, tra l’altro costretto a combattere, non vale certo meno di quella di un uomo senza divisa.

Non possiamo e non dobbiamo, da esseri umani, abituarci all’idea che questa quotidiana carneficina possa essere liquidata come un “danno collaterale”. Di fronte a questa situazione sorprende che a parlare di pace sia rimasto, sostanzialmente, papa Francesco e il Vaticano, e qualche voce dell’estrema sinistra che però, troppo spesso, dà l’impressione di riecheggiare il vecchio adagio “meglio rossi che morti”. Diversa mi sembra la posizione della Chiesa che invoca un realismo più saggio, anche rispetto a coloro che continuano ad affermare che bisogna conquistare la vittoria sul campo, ben sapendo che questo produrrebbe un esito incertissimo.

Serve una manifestazione

Il coraggio a cui fa appello papa Francesco risiede proprio qui: nella realistica consapevolezza della necessità di un negoziato come condizione per arrivare prima a un cessate il fuoco, poi ad una tregua e infine a una soluzione pacifica che fermi uccisioni e sofferenze. Un po’ come stanno facendo Qatar ed Egitto in merito al conflitto israelo-palestinese, serve un Paese terzo capace di trovare un punto di incontro, una via non militare per giungere ad una “pace giusta”.

Anche per quest’azione diplomatica ci vuole coraggio ed iniziativa. Innanzitutto, da parte dei Governi e delle istituzioni politiche (quanto manca una Europa politicamente davvero forte e unita!). Ma forse anche di tutti noi. La pace sembra impossibile finché non diventa una domanda chiara e forte, chiesta da una voce la più ampia possibile. A meno che questa idea non parta dal basso, da una mobilitazione popolare, dove territori e singoli, invochino all’unisono e con grande vigore la fine del conflitto.

Del resto, si parla molto spesso della mobilitazione per la guerra ma esiste anche una mobilitazione per la pace, alla quale, sino ad ora, nessuno ci ha convocati. Forse è venuto il momento di usare le parole e il proprio corpo per manifestare alla comunità internazionale che non ci basta “stare in pace”, seduti sui nostri divani a vedere le immagini come se stessimo assistendo ad un film. Quei corpi offesi, quelle donne e quegli uomini, ci interpellano quotidianamente nel silenzio del loro dolore. E ci chiedono di alzarci dal divano e di dare loro quella voce che non possono avere finché a parlare sono solo le armi.

QOSHE - Ucraina, il coraggio del negoziato - Raffaele Cattaneo
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Ucraina, il coraggio del negoziato

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06.04.2024
Papa Francesco durante l’udienza generale in Vaticano, 14 febbraio 2024 (Ansa)

Durante le celebrazioni pasquali, papa Francesco è ritornato ancora una volta a richiamare il mondo sul tema della pace, riferendosi a tutti i conflitti aperti ed in particolare concentrandosi sulla guerra tra Russia e Ucraina, auspicando «uno scambio generale di tutti i prigionieri: tutti per tutti!».

Si tratta dell’ennesima forte e provocatoria richiesta del Papa che ricalca quello che aveva già detto, destando molto scalpore, lo scorso 10 marzo ad un’intervista alla Tv Svizzera, invocando «il coraggio della bandiera bianca». In realtà quella frase era stata strumentalizzata. Nell’intervista in questione il giornalista Lorenzo Buccella domandava al Papa: «In Ucraina c’è chi chiede il coraggio della resa, della bandiera bianca. Ma altri dicono che così si legittimerebbe il più forte. Cosa pensa?». E papa Francesco rispose: «È un’interpretazione. Ma credo che sia più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà? Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Oggi, per esempio nella guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore. La........

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